Come è possibile potenziare i benefici del cloud, del mobile e dei social media e al tempo stesso proteggere al meglio le informazioni e i dati sensibili in uno scenario che vede le aziende sempre più aperte verso l’esterno? Una sfida che oggi le imprese devono raccogliere e trasformare in un vantaggio per il business. Perché, come ha sottolineato anche una recente ricerca del Boston Consulting group, l’impatto delle identità digitali sull’economia europea ha numeri importanti: solo per le aziende si parla di 330 miliardi entro il 2020. Per questa ragione tutti gli operatori del settore si sono già messi al lavoro per trovare standard in grado di garantire affidabilità e sicurezza ma al tempo stesso semplificando l’esperienza utente. La gestione dei dati sensibili e delle identità digitali è oggi imprescindibile “ma per farlo al meglio è importante che non venga meno la fiducia da parte degli utenti”, ha precisato Adam Elster (nella foto), vicepresidente esecutivo di CA. Proprio su questo tema infatti CA ha organizzato un evento a Milano: un’occasione per approfondire l’importanza del ruolo degli Identity provider e capire come le aziende possono modificare il proprio approccio alla gestione dei dati sensibili mantenendo sempre alto il livello di fiducia da parte degli utenti finali. Da una parte, infatti, gli utenti si aspettano di accedere alle app ovunque, in qualsiasi momento, in modo semplice e sicuro e da più dispositivi. Dall’altra l’aumento del volume e della complessità delle applicazioni sta portando le aziende a ripensare all’approccio con cui vengono gestite le identità digitali.
Una risposta a questa complessità arriva da uno studio condotto dal Ponemon Institute insieme a CA che evidenzia come il concetto del “Bring your own Identity” (Byoid) sia ormai una tendenza in atto che sta diventando sempre più cruciale per il business: “In una economia sempre più guidata dall’ecosistema delle applicazioni, l’accesso ai servizi deve essere semplice e sicuro. E in quest’ottica il Byoid è uno strumento fondamentale per semplificare gli accessi senza compromettere la sicurezza”, spiega Paul Ferron, director security solutions Emea di CA Technologies. Il motivo è semplice: secondo CA utilizzare un’identità digitale o social già esistente creata attraverso una realtà di cui gli utenti si fidano (per esempio Google, Facebook o LinkedIn) per accedere alle diverse app, permette di rispettare i parametri generali di sicurezza e di semplicità d’uso che sono in grado di fornire una positiva esperienza utente. A tutto vantaggio anche delle aziende con cui questi utenti si interfacciano.
Una testimonianza che condividono molte realtà. “Noi siamo una banca, un gruppo assicurativo e un operatore postale e per questo già da tempo abbiamo integrato l’identità digitale dei nostri utenti sui diversi servizi”, spiega Vincenzo Pompa, amministratore delegato di Postecom, la controllata di Poste italiane che si occupa dei servizi digitali. “Ora il passo successivo è semplificare l’approccio del cliente”, precisa.
La semplificazione, in realtà, non è solo il leitmotiv delle imprese. Anche il governo da tempo sta portando avanti questo percorso grazie all’Agenda digitale, con l’obiettivo di spingere verso l’innovazione l’intera Pa italiana. “Anche per la Pubblica amministrazione il valore dell’identità digitale è inestimabile e il vantaggio della convergenza è un aspetto chiave: per questo con l’Anagrafe unica digitale stiamo lavorando a un unico database per i profili di tutti i cittadini”, dice Giuseppe Tilia, senior vice president di Telecom Italia, e incaricato del progetto Agenda digitale per Telecom Italia.
Un banco di prova importante per l’Italia e la spinta alla digitalizzazione sarà l’Expo. “Lì anche il valore delle identità digitali e la loro gestione assumerà un ruolo chiave”, sottolinea Guido Arnone, Technology Innovation & Digital Director di Expo 2015. Per questo, precisa Arnone, “dobbiamo lavorare per semplificare l’esperienza utente consapevoli che più sappiamo di lui più saremo in grado di fornirgli un servizio migliore”. Sempre nell’ottica che la fiducia degli utenti è sempre direttamente proporzionale alla trasparenza dei servizi erogati.