Fatturazione elettronica, conservazione digitale dei documenti, cloud, sicurezza dei dati e tecnologia. Tutti elementi al centro dei progetti di sviluppo della Pubblica Amministrazione, che da tempo sta cercando di innalzare i propri standard qualitativi per aumentare l’efficienza dei servizi offerti. Un obiettivo con potenziali ricadute positive anche sulle imprese, che anch’esse stanno tentando di mettersi al passo con i tempi e le nuove frontiere della digitalizzazione. Su questi temi CorCom ha intervistato il presidente del Gruppo Cmt Luigi Caruso, in quanto coordinatore del progetto PMI Digital Edge Sezione IT Unindustria, e quindi particolarmente attento alle dinamiche dei rapporti tra Pa e industria sul versante digitale.
Partiamo dal tema della conservazione digitale dei documenti. Qual è il giudizio delle aziende rispetto alla normativa del settore? Cosa può o deve essere rivisto e semplificato?
Il lavoro legislativo sul tema in questi anni è stato molto importante, trainato certamente dallo stimolo della Fatturazione Elettronica verso la PA. Abbiamo una normativa completa, chiara e definita, che riesce a garantire un livello di servizio molto qualificato alla PA e, di conseguenza, anche alle imprese private.
Le maggiori difficoltà riscontrata dalle imprese sono sul versante operativo. Esistono infatti migliaia di tipologie di documenti differenti (fiscali, assicurativi, bancari, sanitari) e per ognuno di questi spesso sono indicati requisiti diversi, con relativa proliferazione di regole e norme per la conservazione digitale. È necessaria una maggiore semplificazione e uniformità di trattamento dei documenti. Solo rassicurando le imprese e dimostrando che possono affidarsi al digitale senza paura potremmo avere un’accelerazione delle scelte aziendali di materia di dematerializzazione dei processi.
L’ultima fotografia scattata dall’Eurostat ha messo in luce che il 40% delle imprese italiane utilizza servizi cloud, ben oltre la media europea del 19%. Quali sono le caratteristiche che hanno permesso al cloud computing di far breccia nelle nostre aziende lì dove altre innovazioni hanno fallito?
Probabilmente i Cio italiani hanno capito molto bene che il Cloud è un approccio abilitante, capace di integrare più approcci, e non una tecnologia sostitutiva di quella precedente. L’Italia ha scelto un approccio ibrido che riesce a garantire simultaneamente flessibilità e sicurezza. Questo permette di far lavorare assieme i sistemi informativi interni con i servizi offerti dal cloud, valorizzando caratteristiche e opportunità di entrambi i modelli, ed è stato capace di abbattere uno dei principali ostacoli alla scelta del cloud da parte delle imprese: la sicurezza, che sia reale o anche solo percepita.
Non a caso, il presidente del Garante per la Privacy Soro ha detto che “le imprese saranno più competitive se investono proprio sulla sicurezza dei dati”. È ancora la data security il freno principale che ancora blocca le imprese?
L’evoluzione dei servizi digitali ha sicuramente alzato il livello di guardia sul tema della sicurezza informatica sia in ambito privato sia tra le imprese.
Ma ad oggi ancora non è presente una normativa accurata, in grado di proteggere furto e perdita di dati. Come possibile percorso programmatico immagino due cose: maggiori responsabilità interne nelle imprese e negli enti pubblici in materia di sicurezza dei dati, così come è stato fatto per le figure responsabili del trattamento dati e una maggior componente sanzionatoria da parte delle istituzioni per le aziende che non attuano una giusta protezione, soprattutto ai dati dei propri clienti.
Per digitalizzare le strutture aziendali ci vogliono figure professionali in grado di farlo. Qual è la percezione delle imprese rispetto alle competenze che offre oggi il mercato del lavoro? Può essere il progetto di scuola digitale 2.0 in rampa di lancio la palestra principale delle future generazioni?
Le nuove generazioni hanno un approccio alla tecnologia completamente diverso. Questo è un grandissimo vantaggio anche per le imprese che le assumeranno, perché la facilità di accesso alle tecnologie web e mobile e la facilità con cui condividono tra loro informazioni e giudizi aiuterà le imprese a trovare, da una parte nuovi modi di lavorare – penso allo Smart Working e alla Collaboration – dall’altra più velocità per riadattare i propri modelli di business rispetto ad un mercato dei bisogni sempre più veloce. Ora la sfida è davvero della scuola che deve poter stare al passo sia dal punto di vista tecnologico sia dal punto di vista delle competenze da far crescere attraverso programmi di formazione specifici. Gli investimenti sulla scuola vanno nella direzione giusta, ma ho la sensazione che sia necessario investire di più su una formazione tecnica e professionalizzante in tutti i suoi aspetti, soprattutto operativi.
Imprese digitalizzate devono accompagnarsi ad una Pubblica Amministrazione altrettanto al passo con le nuove frontiere digitali. Quali devono essere le priorità della futura Pa digitale dal punto di vista delle aziende? La Fatturazione Elettronica ha trovato una giusta dimensione con la normativa attuale?
La Fatturazione Elettronica ora funziona. Le aziende ci hanno messo qualche mese ma ora si rendono conto che il servizio funziona e che il tracciamento dello stato del documento è un vantaggio enorme per loro. In particolare, l’obbligo di legge per la fatturazione elettronica nei confronti della PA ha facilitato la diffusione dei processi digitali anche tra le imprese. E anche chi non ha forti relazioni commerciali con la PA sta sfruttando la pervasività della Fatturazione Elettronica per incrementare le relazioni digitali con i propri partner commerciali. Lo stimolo non ha mosso solo le grandi imprese: anche tra i fornitori più piccoli della PA, che si sono dovuti adeguare alla fatturazione elettronica non mancano esempi di chi ha colto l’occasione per attivare, proseguire e completare un percorso di innovazione, ciascuno secondo le proprie possibilità e caratteristiche. E questo ha dimostrato che la fatturazione elettronica può essere affrontata positivamente anche dalle realtà più piccole.
In questo contesto che ruolo gioca lo sviluppo tecnologico?
Le potenzialità della tecnologia ci permettono di dotare le aziende di applicativi semplici in grado di tradurre il formato XML in documenti veri e propri con molteplici vantaggi: non più solo di tipo economico, ma soprattutto l’opportunità di avere un ‘documento vivo’, in cui la fattura diventa un nuovo strumento di relazione con i propri clienti ai quali comunicare promozioni, saldi punti, estratti conto in tempo reale magari agganciandola al sistema CRM. Tutto questo utilizzando un formato che, in base all’ultimo quadro normativo permetterà alle imprese private di ottenere anche diversi vantaggi sugli adempimenti fiscali.
La PA, però, tra le varie priorità, dovrebbe impegnarsi a dare informazioni di ritorno puntuali e precise alla imprese sull’accettazione del credito che potrebbe facilitare loro l’accesso al credito bancario. Mi riferisco in modo particolare alla Piattaforma per la Certificazione dei Crediti del MEF, dove non è ancora chiaro come si stia muovendo concretamente ogni singola PA.
Quale può essere il peso della lenta partita della banda ultralarga sulla riduzione del ritardo digitale della Pa?
Senza più Digital Divide l’effetto sarebbe dirompente. Non sarà facile, ma la Corte dei Conti ha registrato la delibera n.65 2015 che approva il programma operativo del Piano Banda Ultra Larga, le risorse ci sono ed anche le azioni. Ora serve collaborazione tra pubblico e privato, al fine di creare un ecosistema di soluzioni tecnologiche condivise e uniformi per la gestione amministrativa interna della PA, soprattutto quella locale e come diretta conseguenza servizi a cittadini e imprese facili da usare e sempre disponibili, anche in mobilità.