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Cloud computing summit 2015, fari puntati sull’Italia

Negli interventi di Francesco Tortorelli (Agid), Sante Dotto (Consip) e Renzo Turatto (Scuola nazionale dell’amministrazione) l’analisi dei ritardi e delle potenzialità del Paese con i progetti di e-fattura, Spid e Italia Login

Pubblicato il 23 Mar 2015

Mario Dal Co

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I lavori del Summit sono stati aperti da tre interventi di qualità. Francesco Tortorelli, dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), ha mostrato il ritardo drammatico dell’Italia a livello europeo per quanto riguarda il Digital Economy and Society IndexDesi, che misura il posizionamento riferito alla gli indicatori relativi a connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali, servizi pubblici digitali.

Il commento finale contenuto nel country profile dell’Unione (grafico sottostante) è eloquente e riassume bene la situazione: “Italy falls into the cluster of low-performance countries, where it performs below average”

La relazione ha ricordato gli impegni Agid, ed in particolare la fatturazione elettronica nell’ambito del sistema dei pagamenti alla PA e lo Spid, sistema pubblico di identità digitale. Qui sarebbe stato utile aprire uno spazio per un confronto con il pubblico, ma non era prevista. Rimane il dubbio che il sistema sia stato disegnato senza verificarne l’efficacia. Infatti i dubbi che derivano dall’esperienza fallimentare della Pec gratuita per i cittadini, si applicano anche e a maggior ragione allo Spid che dovrebbe essere a pagamento e quindi potrebbe trovare ostacoli di mercato molto consistenti alla sua effettiva diffusione.

Sante Dotto, di Consip, ha intitolato il suo intervento al progetto gara per un cloud nella Pubblica Amministrazione. Il titolo ha rappresentato poco di meno di quanto ha detto effettivamente, perché in realtà ha parlato del cloud e della PA in generale: della gara attuale, impantanata in contenziosi, ha parlato assai poco. Ha detto, però, cose interessanti sulla crisi dell’informatica pubblica italiana.

A) Occorre valorizzare le competenze delle imprese, a causa di un forte depauperamento sia sul lato della domanda (PA) sia sul lato dell’offerta (imprese).

B) Attenzione ai costi del procurement pubblico: una gara da 1 mil. di euro, costa al sistema 1 mil. di euro. La soluzione? Recepire subito e senza cambiamenti la Direttiva europea delegata dal governo al Ministero infrastrutture.

C) Iniziative Consip: dobbiamo accelerare le gare per le pubbliche amministrazioni, perché definite regole, decreti etc, le PA devono poter operare su strumenti contrattuali volontari capaci di operare sul mercato innovativo. Solo così, oltre a realizzare efficienza, si possono utilizzare efficacemnte i fondi europei.

D) Italia Login può funzionare se il cittadino non deve più chiedere all’amministrazione a il documento che serve alla amministrazione b.

Soffermiamoci sui punti C e D proposti da Dotto, su A e B non si può che essere d’accordo. L’accelerazione delle gare è un’esigenza assoluta, ma la soluzione è esattamente l’opposto di ciò che Consip ha fatto fino ad ora con le mega gare, impantanate sulla connettività e sul cloud. Si prenda l’esempio del G-cloud del Regno Unito, giudicata una best practice a livello europeo, ma di cui gli stessi inglesi sono solo parzialmente soddisfatti. Intanto i dati: si trovano o line tutti i dati che si vogliono e tutte le critiche che sono state mosse. In particolare l’ultimo bando g-cloud 6, del febbraio 2015, dura solo un anno e non 5 anni come il bando di Consip e ha oltre 1500 aziende qualificate. Questa è una differenza fondamentale per almeno 3 ragioni:

1. il processo di aggiustamento dei prezzi e delle caratteristiche dei servizi evolve in continuo e quindi non ha senso avere durate lunghe;

2. la dimensione delle gare e i requisiti di accesso sono molto più ragionevoli e consentono l’accesso alle Pmi;

3. il contenzioso, che attualmente sta bloccando le megagare Consip, sarebbe molto inferiore su contratti di dimensione ragionevole.

Sul punto D, ossia che lo Spid serve se la gente lo usa e la gente lo userà se le amministrazioni si saranno interconnesse con i loro servizi, non ho nulla da aggiungere, se non che di tutto ciò nel progetto Spid si vede ancora assai poco, ma non è colpa di Dotto né di Consip. Queste osservazioni non ho potuto fare a Dotto, in ragione dello spazio di discussione che non c’era.

Infine Renzo Turatto, della Scuola nazionale dell’amministrazione, ha analizzato il processo di selezione dei progetti da parte della PA. Riferendosi alle risorse comunitarie Turatto osservava che siamo sicuramente entrati in una fase in cui le risorse saranno limitate a quella fonte e a quella soltanto: i fondi nazionali per l’innovazione saranno marginali. Allora per i prossimi 5-6 anni di spese ci sono circa 500 milioni all’anno sull’Agenda Digitale (pari al il 10% della spesa Ict). E nei cicli precedenti? Il ciclo 2000-2006, periodo di “vacche grasse”, ha tuttavia dato pochi risultati con servizi troppo disomogenei. Quali sono state le cause di questo fallimento? Tre tipi di errori: mancanza di business model del progetto (validi tecnologicamente ma non utilizzabili); investimenti mal progettati (frammentazione); investimenti realizzati male (dal fornitore).

Nei periodi di ristrettezza di risorse e di ritardi accumulati, occorre correggere questi errori ottimizzando la qualità dei progetti, migliorandone l’implementazione, valutandone l’impatto. Anche qui non c’è stato spazio per discutere: non sarebbe bastata una giornata intera.

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