Adottare un modello di cloud federato che affianchi al Polo Strategico Nazionale, focalizzato sui dati nazionali strategici e le amministrazioni centrali, anche entità pubbliche distribuite sul territorio. Queste ultime, con data center certificati e sicuri, garantirebbero protezione dei dati e supporto alle funzioni della PA, grazie a un modello di interoperabilità, collaborazione tra servizi e piattaforme, assicurando condivisione, integrazione e complementarità tramite accordi specifici. Ad aver lanciato la proposta è Assinter, associazione delle società per l’innovazione tecnologica nelle Regioni, come spiega a CorCom il presidente Pietro Pacini, direttore generale di CSI Piemonte.
- Pacini, da quali considerazioni e da quali criticità nasce la proposta di dare vita al cloud federato?
L’idea è nata già qualche anno fa, ma oggi assume un nuovo carattere di urgenza. Il punto di partenza è la volontà di affrontare al meglio le necessità e le esigenze che emergono a livello locale, con l’obiettivo – non trascurabile – di affrontare nel migliore dei modi le nuove sfide e opportunità collegate allo sviluppo di soluzioni e servizi basati sull’intelligenza artificiale.
I temi principali all’ordine del giorno sono due: da una parte il Polo Strategico Nazionale non può contare da solo su una sufficiente presenza di infrastrutture di rete ad alta banda su tutto il territorio italiano. E rispetto a questo tema tante realtà consentirebbero di favorire la realizzazione di infrastrutture di alta capacità che danno performance migliori.
Dall’altra si deve tenere ben presente la necessità di capitalizzare gli investimenti già fatti localmente dalla pubblica amministrazione, inserendole in un’ottica di sistema. Se si creasse una federazione di infrastrutture pubbliche ogni investimento contribuirebbe ad aumentare il valore dell’asset complessivo. Penso che il cloud federato sia una risposta convincente agli investimenti pubblici fatti nel tempo su scala locale, intercettando al contempo le necessità della PA e dando vita a un modello che risponda alla logica dell’edge cloud.
- Come si integra questo progetto con quello del Polo Strategico Nazionale?
Il modello federato può affiancare e rafforzare quello del Polo Strategico Nazionale, che manterrebbe il suo focus sui dati nazionali strategici e il supporto alle amministrazioni centrali. Oggi esistono sul territorio almeno una ventina di soggetti pubblici qualificati da Acn, l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che dispongono di infrastrutture e assicurano la capillarità dei servizi. Si tratta di realtà che beneficiano di competenze tecniche avanzate nel coordinamento di progetti complessi, e che sfruttano investimenti già fatti. Credo che il fatto di rendere complementari questi due modelli sia una strategia win-win per il Paese.
- Come si inseriscono lo sviluppo impetuoso dell’intelligenza artificiale e le possibilità dell’edge computing nei piani in via di realizzazione sul cloud?
Alla luce degli ultimi sviluppi tecnologici oggi il modello delle infrastrutture, e in parte anche gli investimenti del Pnrr, vanno ripensati e indirizzati in modo più efficace. Queste strategie, infatti, sono nate quando ancora non erano chiari gli sviluppi e il potenziale dell’intelligenza artificiale.
Il cloud distribuito, in questo contesto, può essere un modello che supporta in modo più efficace i modelli infrastrutturali in un’ottica di intelligenza artificiale distribuita. Già oggi i cittadini utilizzano servizi basati sull’AI generativa, che hanno necessità di grandi risorse computazionali ma anche di una latenza estremamente ridotta, prestazioni che possono essere garantite soltanto da infrastrutture distribuite.
In quest’ottica edge computing ed edge cloud diventano modelli essenziali per favorire i modelli di intelligenza artificiale senza essere sempre costretti a inseguire dinamiche che si muovono a una velocità altissima, e che rischiano di metterci nella posizione di essere sempre in ritardo sull’innovazione.
- Quali rischi si corrono se non si aggiorneranno rapidamente le strategie, e quale potrà essere il ruolo degli enti locali e delle in-house nel nuovo contesto?
Se non siamo al passo con le strategie il rischio è di indirizzare investimenti significativi su tecnologie già superate dal tempo. Sarebbe come continuare a investire massicciamente sui Blackberry senza accorgersi che gli smartphone saranno destinati a farli sparire. Se vogliamo guardare al futuro, e non rimanere ancorati su ciò che nel giro di pochissimo tempo diventerà “passato”, il ruolo delle in house è centrale. Parliamo di soggetti che hanno le loro fondamenta proprio nella strategia di favorire la transizione digitale attraverso esperti e una continua iniezione di forze nuove e altamente qualificate, con un costante ricambio generazionale, proprio con l’obiettivo di favorire lo sviluppo delle pubbliche amministrazioni locali.
- Uno dei grandi temi collegati al cloud è quello della sostenibilità ambientale. Come si può intervenire in ambito cloud, e cosa si sta facendo?
Oggi stiamo tutti investendo molto sui temi della sostenibilità, perché i data center sono soggetti energivori ed è giusto prendere tutte le contromisure del caso per limitarne l’impatto ambientale. Ci stiamo muovendo ad esempio sull’introduzione costante di sale green che ospitano sistemi ad alta efficienza energetica, e investiamo su nuove tecnologie che consentono performance migliori ma riducono i consumi.
È il caso, ad esempio, dei sistemi di raffreddamento che possono essere condivisi con le comunità energetiche, mitigando l’impatto ambientale grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili, rende più sostenibili i progetti di data center distribuiti.