DIGITAL TRANSFORMATION

Cloud, in Italia il mercato vale 3,8 miliardi. Balzo record del 16% in un anno

Nelle grandi aziende il 44% del parco applicativo si trova sulla “nuvola”: prossimo il sorpasso sulla quota ancora gestita on-premises. Ma una impresa su tre non ha ancora accompagnato il percorso tecnologico con azioni di cambiamento organizzativo e di investimento sulle skill. I dati dell’Osservatorio del Polimi

Pubblicato il 13 Ott 2021

cloud

La spesa Cloud in Italia continua a crescere, trainata non più dai servizi SaaS (+13%), che hanno garantito la tenuta del sistema economico nazionale durante le fasi di emergenza dello scorso anno, bensì da quelli PaaS (+31%), che riguardano più nello specifico la modernizzazione applicativa, l’orchestrazione e la gestione dei sistemi informativi, e IaaS (+23%). A dirlo è il report dell’undicesima edizione dell’Osservatorio Cloud Transformation, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

Secondo la ricerca dell’Osservatorio, tuttavia, una impresa su tre dichiara di non aver ancora accompagnato questo percorso tecnologico con azioni di cambiamento organizzativo rivolte alla Direzione It, come l’arricchimento delle competenze del personale esistente, il potenziamento della struttura organizzativa con specialisti nelle tecnologie Cloud, o la revisione dei processi aziendali coinvolti.

Il consolidamento del mercato: comincia la vera sfida della digitalizzazione

“A seguito del deciso cambio di passo avvenuto nel mercato italiano nel corso del 2020 a causa dell’emergenza sanitaria, le prime stime per quest’anno confermano un ulteriore consolidamento, con tassi di crescita assimilabili a quelli pre-pandemici e una spesa in Cloud che si attesta a 3,84 miliardi di euro nel 2021 (+16% rispetto al 2020)”, spiega Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation. “Superata la preoccupazione che l’esplosione dello scorso anno potesse rappresentare uno scalino per l’andamento del mercato, dovuto alle esigenze circostanziali legate al Covid-19, ora le imprese e le pubbliche amministrazioni stanno affrontando la vera sfida: strutturare una strategia di lungo periodo che ponga il Cloud al centro della digitalizzazione. I numeri mostrano segnali positivi sul percorso intrapreso, con un incremento degli investimenti legati ai progetti strategici, all’interconnessione delle applicazioni ormai distribuite in diversi ambienti computazionali e all’innovazione funzionale e architetturale. Occasioni di sistema come i fondi stanziati dal Pnrr, il recente incremento delle infrastrutture Data Center sul territorio e l’avvio del progetto Gaia-X rappresentano venti favorevoli che il Paese è pronto a cogliere”.

La crescita dell’offerta PaaS e Iaas

Il Public & Hybrid Cloud, ovvero l’insieme dei servizi forniti da provider esterni e l’interconnessione tra Cloud pubblici e privati, si conferma ancora la componente principale, per una spesa di 2,39 miliardi di euro (+19%). In particolare, proprio all’interno del Public & Hybrid Cloud, i servizi PaaS (Platform as a Service) registrano la dinamica di crescita più robusta raggiungendo il valore di 390 milioni di euro (+31% sul 2020), e si confermano un layer tecnologico abilitante non solo per lo sviluppo del nuovo, ma anche per la modernizzazione applicativa, l’orchestrazione e la gestione del sistema informativo.

Seguono lo IaaS (Infrastructure as a Service), che registra una dinamica del +23%, per un totale di 898 milioni di euro, e infine il SaaS (Software as a Service) che – pur rimanendo la componente più rilevante con oltre 1,1 miliardi di euro – dopo il boom dello scorso anno vede un progressivo consolidamento e un fisiologico rallentamento del tasso di crescita (+13%).

Guardando alle scelte progettuali e all’evoluzione dei sistemi informativi, l’adozione del Cloud nelle grandi imprese italiane è un dato di fatto e il portafoglio applicativo aziendale risulta erogato da ambienti eterogenei: mediamente, il 44% del parco applicativo è oggi gestito in Cloud pubblico o privato, numeri ormai vicini a sorpassare la quota gestita on-premises.

L’evoluzione della filiera digitale

L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha generato nelle imprese una rinnovata consapevolezza sulla rilevanza strategica del digitale: il 67% degli attori delle filiera digitale ha introdotto nuovi servizi all’interno della propria offerta, poi confermati a regime nel portafoglio d’offerta nella quasi totalità dei casi.

Il 41% delle imprese ha inoltre registrato una crescita dei ricavi nel corso dell’ultimo anno, in alcuni casi anche superiore al 20%, mentre un ulteriore 29% li ha mantenuti stabili. Un quadro complessivamente positivo, con il 78% degli attori che ha dichiarato di aver effettuato o pianificato nuove assunzioni nel 2021.

Il percorso tecnologico di adozione Cloud

Le strategie Hybrid e Multi Cloud sono sempre più diffuse nelle grandi imprese italiane, che oggi fanno riferimento mediamente a cinque Cloud provider per l’erogazione dei propri servizi (in crescita rispetto ai quattro del 2020). Si tratta di ambienti integrati ma non ancora pronti ad un’orchestrazione dinamica delle risorse.

Dopo una prima fase di adozione del Cloud finalizzata a migrare le applicazioni con minor impatto possibile sul business, le grandi imprese stanno oggi iniziando ad affrontare progetti più complessi, che non trovano un’adeguata risposta nell’offerta di mercato di soluzioni standard.
Lo dimostra l’interesse crescente verso le strategie di migrazione orientate alla riprogettazione applicativa e verso le architetture Cloud Native, utilizzate come standard per tutti i nuovi progetti nel 15% dei casi e in base al caso d’uso in un ulteriore 59%. I benefici sono molti: dalla maggiore scalabilità, flessibilità e portabilità delle applicazioni, alla più ampia agilità progettuale legata alla rapidità di sviluppo, fino ai minori costi di realizzazione e gestione del software.

“Oggi circa la metà del budget aziendale dedicato al Cloud è destinato all’innovazione e alla migrazione dei sistemi legacy, a riprova della sua rilevanza strategica nell’accelerare il percorso di trasformazione digitale”, dice Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation. “Superate le azioni tattiche di risposta al contesto emergenziale del 2020, che si sono dimostrate fondamentali per garantire la continuità operativa delle imprese, il 2021 ha visto una ripresa e una nuova spinta verso progetti pluriennali di trasformazione. Queste iniziative, che uniscono in un’unica strategia sia i nuovi progetti It che l’evoluzione dei sistemi legacy, permettono di cogliere i benefici sostanziali del Cloud, quale fattore abilitante per la modernizzazione del parco applicativo delle imprese. Tuttavia, il percorso è ancora agli inizi, come testimonia l’ancora limitata presenza di applicazioni pensate nativamente per il Cloud (Cloud Native), che cubano oggi circa il 10% del portafoglio applicativo delle imprese”.

Il cambiamento organizzativo (che a volte manca)

Dal punto di vista delle competenze, le imprese stanno coniugando la presenza di personale interno, dedicato al presidio dell’evoluzione funzionale e dell’integrazione del mondo Cloud con i sistemi esistenti in azienda, con l’acquisizione di competenze tecniche dai partner di filiera (che rappresentano circa un terzo degli Fte complessivi del Direzione It).

“La Direzione It delle imprese si trova necessariamente di fronte a un cambiamento di ruolo”, chiosa Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation. “Tuttavia, complessivamente il 34% delle imprese dichiara di non aver ancora accompagnato questo percorso con iniziative di change management, un numero ancora troppo elevato se si pensa alla crescita della diffusione e pervasività del Cloud a cui stiamo assistendo negli ultimi anni. Il nostro ecosistema è chiamato a cogliere le opportunità attualmente esistenti, a livello nazionale ed europeo, e fare questo ulteriore passo nella Cloud Transformation. Le grandi imprese hanno consolidato una visione di lungo periodo sul Cloud e le PMI, dopo la crescita di adozione e spesa registrata lo scorso anno, non sono tornate indietro: proprio gli investimenti di sistema possono rappresentare l’elemento finora mancante per colmare il gap di cui l’Italia ha storicamente sofferto rispetto al resto del mondo”.

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