IL CASO

Cloud, la “rivincita” di Amazon: il Pentagono cancella il contratto con Microsoft

Il progetto Jedi era da anni oggetto di contenzioso: per Bezos la scelta della rivale era stata una “decisione politica” di Trump. La Difesa Usa ripeterà la gara, ma ora vuole un’offerta “multi-cloud e multi-vendor”

Pubblicato il 07 Lug 2021

pentagono

La vicenda Jedi si conclude con lo stralcio del contratto assegnato a Microsoft: il lungo e tormentato percorso del progetto da 10 miliardi di dollari per i servizi cloud del Pentagono si chiude con un nulla di fatto e una piccola rivincita per Amazon, messa da parte dopo essere stata la favorita per la maxi-commessa.

Il successivo contenzioso nato tra Microsoft e il colosso fondato da Jeff Bezos, che accusava il governo di aver scelto sulla base di un pregiudizio politico, aveva già scoraggiato il dipartimento della Difesa a proseguire con gli accordi stipulati; ora il contratto è stato annullato – ha fatto sapere il Pentagono – erché non soddisfa più le necessità della Difesa. Il dipartimento avvierà ora un nuovo iter per assegnare un contratto “multi-cloud/multi-vendor”. Insomma, la soluzione sarà rifornirsi non da un solo provider ma da più fornitori ed evitare un bis della vicenda Jedi.

Il governo Usa aggira la battaglia legale

La gara per Jedi (Joint enterprise defense infrastructure) è stata vinta nel 2019 da Microsoft, scelta al posto di Amazon, considerata fino a quel momento il candidato più papabile. La decisione, secondo Amazon, è stata influenzata da motivazioni politiche, vista l’ostilità di Donald Trump nei confronti di Jeff Bezos, proprietario del Washington Post, testata critica nei confronti dell’ex presidente.

Amazon ha di conseguenza presentato ricorso contro la commessa. Le proteste hanno portato inizialmente il Pentagono a condurre un’estesa analisi del processo di gara per Jedi, cui è seguita la conferma dell’assegnazione del contratto a Microsoft. L’azienda di Bezos ha annunciato a quel punto di essere pronta a proseguire con la battaglia legale, definendo le conclusioni del dipartimento della Difesa “un tentativo di validare una decisione falsata, influenzata e politicamente corrotta”.

Ad aprile un giudice federale ha accolto il ricorso di Amazon. A maggio il governo americano ha cominciato a valutare la cancellazione dell’intero contratto.

Il Pentagono rilancia: Amazon e Microsoft insieme?

Ora il dipartimento della Difesa spiega che, essendo passati anni dalla presentazione delle offerte per Jedi, è necessario per il governo ripartire da zero per rifornirsi delle tecnologie più aggiornate disponibili.  Il Pentagono solleciterà proposte sia da Amazon che da Microsoft, evidenziando che al momento i due vendor sembrano gli unici in grado di soddisfare i requisiti per il contratto. Verranno comunque coinvolti anche gli altri big del cloud Google, Ibm, Oracle, che avevano partecipato alle fasi iniziali della gara per Jedi ed erano state le prime ad essere escluse (anche qui con uno strascico di proteste). Le prime commesse dovrebbero essere assegnate all’inizio del 2022 e i nuovi sistemi cloud del Pentagono dovrebbe cominciare ad essere operativi nel 2025.

“Capiamo e siamo d’accordo con la decisione del dipartimento della Difesa”, ha commentato Amazon rispondendo all’agenzia AFP. “Purtroppo l’assegnazione del contratto Jedi non si è basata sui meriti della proposta”.

Anche Microsoft ha fatto sapere che “rispetta e accetta” la decisione. “Il dipartimento della Difesa si trovava di fronte a una scelta difficile: proseguire con quella che si preannunciava come una lunga battaglia legale o aprire un nuovo corso. E quello che conta ora è andare avanti”.

La mossa del Pentagono “mette fine a una soap opera di anni”, ha commentato l’analista di Wedbush, Dan Ives. “Per Microsoft Jedi si è trasformato dalla vincita alla lotteria a un incubo in tribunale.  La migrazione verso il cloud continua e il Pentagono doveva fare questa scelta”.

La rivincita di Jeff Bezos

Lo stralcio del contratto Jedi è stato accolto con favore dai mercati: il valore del titolo di Amazon si è apprezzato di quasi il 5% negli scambi seguenti all’annuncio. Questo ha fatto di conseguenza salire il patrimonio di Jeff Bezos a 211 miliardi di dollari: il fondatore di Amazon (ha appena lasciato il ruolo di ceo) ha “messo in tasca” 8,4 miliardi di dollari solo con la conclusione della telenovela del contratto cloud del Pentagono, cementando la sua posizione di uomo più ricco del mondo.

Jedi, contratto bloccato da quasi due anni

La commessa decennale Jedi è stata assegnata a Microsoft dal governo Usa a fine ottobre del 2019. Amazon ha fatto immediatamente ricorso denunciando interferenze politiche sul regolare esito della gara e sostenendo di essere stata discriminata. Il giudice federale ha accolto la tesi di Amazon e ha bloccato la fornitura dei servizi cloud da parte di Microsoft “fino a ulteriore ordine del tribunale”.

Lo stesso dipartimento della Difesa Usa si è dovuto rivolgere a un giudice per ottenere il permesso a riconsiderare alcuni elementi della commessa e riesaminare le proposte dei diversi candidati. Ha quindi confermato l’assegnazione a Microsoft ma quest’anno un giudice ha accolto il nuovo ricorso di Amazon.

Storia di una lunga controversia

Jedi prevede lo storage in cloud di una grande mole di dati riservati e nasce con l’obiettivo di velocizzare e semplificare le comunicazioni con le forze armate statunitensi dislocate nelle diverse aree geografiche, anche grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la messa a punto delle operazioni e per accrescere le potenzialità dell’esercito usa nelle aree in cui è impegnato. Una strategia, secondo quanto spiegato dal Pentagono, utile a rendere più grande il vantaggio tecnologico delle forze armate Usa sugli avversari.

Amazon è apparsa fin dall’inizio come la candidata più probabile a ottenere l’appalto cloud. La Difesa Usa aveva segnalato di desiderare un fornitore unico piuttosto che dover integrare tecnologie di più provider per assicurarsi un’implementazione rapida e omogenea. Questo ha messo Amazon e il suo cloud in una corsia preferenziale. Il fatto di gestire già una parte del cloud della Cia nel territorio degli Stati Uniti era un vantaggio ulteriore per Aws. Ma i concorrenti – in gara inizialmente c’erano anche Oracle, Ibm e Google, poi la rosa si è ristretta ad Amazon e Microsoft – si sono lamentati di termini di gara disegnati, a loro dire, esattamente per favorire l’azienda di Bezos.

Le accuse di conflitto di interesse e pregiudizio della gara arrivate dai rivali di Amazon hanno finito con l’attrarre l’attenzione del presidente Donald Trump, che ad agosto 2019 ha chiesto di mettere la gara in stand-by e di rivedere termini e procedure. Alla fine, con un esito inatteso, il Pentagono ha assegnato il contratto a Microsoft.

Amazon ha subito denunciato come “improprio” l’intervento diretto di Trump nel processo di gara e affermato che la perdita dell’appalto è dovuta alla nota ostilità del presidente americano contro Jeff Bezos, la sua azienda del commercio elettronico e la testata che possiede, il Washington Post, fortemente critica verso l’amministrazione Trump.

La controversia appare lontana dal trovare una soluzione e il Pentagono – nel frattempo inserito in un nuovo governo guidato dal presidente Democratico Joe Biden – sarebbe intenzionato a prendere il caso in mano e a mettere la parola fine.

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