L'APPALTO DEL PENTAGONO

Cloud, negli Usa si chiude il “caso” Jedi: tutto da rifare

Respinto il ricorso di Oracle dopo quello di Amazon. La commessa da 10 miliardi di dollari assegnata a Microsoft è stata annullata poiché non in linea con le esigenze del Governo americano. La Difesa pronta a riavviare l’iter per la selezione del provider

Pubblicato il 05 Ott 2021

pentagono

La Corte suprema degli Stati Uniti mette fine al ricorso di Oracle contro il governo e le procedure di gara per l’assegnazione del contratto per il cloud del Pentagono. Il progetto Jedi, una commessa da 10 miliardi di dollari per rinnovare i sistemi It del dipartimento della Difesa Usa, è stato oggetto di una lunga e controversa gara. L’appalto è stato assegnato nel 2019 a Microsoft, preferita ad Amazon, ma alla fine stralciato per presunte irregolarità nel procedimento.

Respinto il ricorso di Oracle su presunti “errori” nella gara

Tra le aziende in gara e tra le prime escluse, Oracle si era rivolta nel 2018 alla giustizia sostenendo di essere stata danneggiata dalla gara. La Us Court of Appeals for the Federal Circuit di Washington (che ha pertinenza nelle cause relative ai contratti pubblici) ha respinto la tesi del colosso texano del software affermando che Oracle non è stata danneggiata da alcun errore commesso dal Pentagono perché non aveva comunque i requisiti per qualificarsi per Jedi.

Oracle si è dunque rivolta alla Corte suprema, ma i giudici hanno respinto la richiesta di ascoltare l’appello di Oracle perché ormai il contratto è stato annullato.

Oracle sosteneva di avere motivo di portare il caso davanti ai giudici supremi perché, anche se il contratto Jedi è cancellato, i presunti errori che hanno minato la gara e l’assegnazione del contratto potrebbero tornare a inficiare un nuovo processo di gara. Il governo degli Stati Uniti ha infatti avviato nuovamente la ricerca di un fornitore cloud per il Pentagono.

Tutte le controversie scatenate da Jedi

Jedi prevede lo storage in cloud di una grande mole di dati riservati e nasce con l’obiettivo di velocizzare e semplificare le comunicazioni con le forze armate statunitensi dislocate nelle diverse aree geografiche, anche grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la messa a punto delle operazioni e per accrescere le potenzialità dell’esercito usa nelle aree in cui è impegnato. Una strategia, secondo quanto spiegato dal Pentagono, utile a rendere più grande il vantaggio tecnologico delle forze armate Usa sugli avversari.

Amazon è apparsa fin dall’inizio come la candidata più probabile a ottenere l’appalto cloud. La Difesa Usa aveva segnalato di desiderare un fornitore unico piuttosto che dover integrare tecnologie di più provider per assicurarsi un’implementazione rapida e omogenea. Questo ha messo Amazon e il suo cloud in una corsia preferenziale. Il fatto di gestire già una parte del cloud della Cia nel territorio degli Stati Uniti era un vantaggio ulteriore per Aws. Ma i concorrenti – in gara inizialmente c’erano anche Oracle, Ibm e Google, poi la rosa si è ristretta ad Amazon e Microsoft – si sono lamentati di termini di gara disegnati, a loro dire, esattamente per favorire l’azienda di Bezos.

Le accuse di conflitto di interesse e pregiudizio della gara arrivate dai rivali di Amazon hanno finito con l’attrarre l’attenzione del presidente Donald Trump, che ad agosto 2019 ha chiesto di mettere la gara in stand-by e di rivedere termini e procedure. Alla fine, con un esito inatteso, il Pentagono ha assegnato il contratto a Microsoft.

Amazon ha subito denunciato come “improprio” l’intervento diretto di Trump nel processo di gara e affermato che la perdita dell’appalto è dovuta alla nota ostilità del presidente americano contro Jeff Bezos, la sua azienda del commercio elettronico e la testata che possiede, il Washington Post, fortemente critica verso l’amministrazione Trump.

Amazon ha dunque fatto causa contro l’assegnazione del contratto, ma anche questo procedimento è chiuso.

La vicenda Jedi si è conclusa a luglio di quest’anno con lo stralcio del contratto assegnato a Microsoft. Il contratto è stato annullato – ha fatto sapere il Pentagono – perché non soddisfa più le necessità della Difesa. Il dipartimento avvierà ora un nuovo iter per assegnare un contratto “multi-cloud/multi-vendor”. Insomma, la soluzione sarà rifornirsi da più fornitori ed evitare un bis della vicenda Jedi.

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