Entro il 2024, il 98% delle organizzazioni in Italia (il 95% in Emea) guarderà ai propri dati su cloud come a un driver per i ricavi, con il 53% che li riconoscerà come una fonte significativa di guadagno, rispetto all’attuale 27%. Emerge da uno studio firmato VMware secondo cui in Italia il 52% delle imprese punta sul multicloud per massimizzare i dati per innovare. Ma ci sono ostacoli lungo la strada: la sovranità dei dati è la sfida principale per il 96% delle organizzazioni.
L’ostacolo delle competenze
L’obiettivo di trarre più valore dai dati comporta però numerose sfide, secondo il report. Al primo posto le competenze (32%), segue l’accesso ai dati a silos (30%), la sicurezza (29%), la difficoltà di unire diversi ambienti cloud (29%): sono questi i principali ostacoli identificati dagli intervistati. Inoltre, se si vuole che i dati generino un reale valore di business, le organizzazioni devono migliorare il controllo relativo alle spese operative (per il 78% degli intervistati) e al cloud (per il 73%).
L’impatto (positivo) del multi-cloud
In Italia, l’87% degli intervistati concorda sul fatto che siano maggiori i vantaggi del multi-cloud – la capacità di utilizzare e gestire diversi tipi di cloud privati, pubblici, edge e sovrani – rispetto alle sfide che questo comporta. Il 54% ritiene che l’utilizzo del multi-cloud abbia avuto un impatto molto positivo sulla crescita dei ricavi e il 53% ritiene che abbia avuto un impatto molto positivo sulla redditività. Infatti, solo l’1% ritiene che il multi-cloud non sia fondamentale per il successo aziendale.
“La dipendenza dai dati per alimentare l’innovazione e il vantaggio competitivo è oggi la spina dorsale del business digitale – spiega Joe Baguley, vp e Cto VMware Emea -. L’intelligenza del cloud – la capacità di scegliere il tipo di cloud giusto per i dati giusti, comprese le informazioni altamente sensibili che devono rimanere all’interno dei confini nazionali – sta diventando il modello di business de facto per le organizzazioni che vogliono trarre vantaggi dai propri dati”.
Sovranità dei dati il nodo da risovere
“Le organizzazioni che sfruttano appieno i vantaggi competitivi derivanti dall’utilizzo di più cloud per la gestione dei dati stanno riscontrando benefici in tutto il business – si legge ancora nel report -. Per raggiungere il successo, tuttavia, le aziende devono essere in grado di assumere il controllo di dove risiedono i loro dati, senza compromettere la sicurezza, la compliance o la sovranità, e la scelta dei provider per gestirli”.
Il multicloud secondo il 52% degli intervistati consentirà loro di massimizzare i dati per innovare, affrontando al contempo questioni critiche come la sovranità dei dati nazionali e settoriali: la sovranità dei dati è una delle sfide principali per le organizzazioni, con il 96% che ammette di essere preoccupato.
“I dati, se correttamente gestiti ed elaborati, sono determinanti nella produzione, nella supply chain, nella gestione finanziaria, e influiscono in modo indiscutibile sul business – dice Alberto Roseo, Marketing, Communication & Strategy Officer del Gruppo Lutech –. Occorre però tenere in considerazione un elemento chiave, ossia la necessità di gestire i dati nel rispetto delle normative locali, per garantire la conformità e la privacy. Si tratta di un bilanciamento fra due esigenze diverse che necessita una gestione attenta e strutturata da parte delle organizzazioni. Solo così sarà possibile trarre il massimo dal potenziali che i dati rappresentano.”
Il report di Accel
Gli investimenti in cloud in Europa, Israele e Stati Uniti sono scesi del 42% nel terzo trimestre del 2022. Lo rileva un report della società di venture capital Accel, secondo cui il settore si triva nel bel mezzo di un “reset”.
Anche la valutazione delle società cloud quotate in borsa è scesa a 1,2 trilioni di dollari dai 2,8 trilioni registrati negli ultimi 12 mesi. Le valutazioni sono scese per aziende come Microsoft e Shopify e in aree quali analisi dei dati, sicurezza e collaboration.
“Dopo diversi anni esplosivi di crescita, è chiaro che è in corso un importante reset – spiega Philippe Botteri, partner di Accel – L’aumento dei tassi di interesse e l’aumento dell’inflazione hanno portato a una contrazione delle valutazioni. Contiuiamo a credere, però, che la necessità per imprese e PA di passare al cloud spingerà in avanti il Saas europeo e israeliano”.
La migrazione delle operazioni software locali al cloud, infatti, non ha perso slancio e la spesa per l’automazione e la trasformazione digitale è destinata a salire a 2,8 trilioni entro il 2025 dai 1,8 trilioni nel 2022. Inoltre, le basse valutazioni delle società aumenteranno anche il potenziale delle fusioni, con accordi che probabilmente raggiungeranno i 101 miliardi già quest’anno.
Infine, secondo le stime di Accel, sono disponibili circa 770 miliardi di dollari per acquistare società cloud: si tratta di 440 miliardi di dollari di liquidità nei bilanci degli investitori strategici e 330 miliardi dei fondi di private equity focalizzati sulla tecnologia.