Se le linee di business non comunicano, difficile sfruttare al meglio il potenziale offerto dal cloud. È questo il risultato principale dell’ultimo studio globale condotto da Oracle sul futuro della nuvola. La ricerca ha coinvolto anche l’Italia, dove il oltre il 60% dei decisori IT di medie e grandi imprese intervistati sottolinea la necessità di una collaborazione maggiore tra i responsabili dei singoli segmenti informatici interni.
Le principali aree di inefficienza dell’attuale modello di piattaforma messe in evidenza dal report sono tre: integrazione dei servizi (49%), tempo di deployment (42%) e scarsa integrazione delle applicazioni (38%). Segno di meccanismi interni che faticano a comunicare tra loro in modo efficace. Un’altra barriera all’adozione di un approccio integrato nelle medie e grandi aziende, che costituiscono il campione del report, è il cosiddetto shadow IT: l’acquisto di tecnologie da parte delle line-of-business all’insaputa del proprio dipartimento informatico è infatti considerato una barriera significativa per il 32% dei responsabili intervistati. Ma ci sono anche discordanza tra le infrastrutture (43%), aumento del rischio sulla sicurezza (26%) e dei costi (38%) e certezza del ritorno sugli investimenti.
Insomma, se è vero che il mercato cloud italiano cresce, come testimoniano i dati dell’Osservatorio Polimi, c’è più di qualche freno da combattere. “Questi problemi possono essere parzialmente imputati a un’infrastruttura divenuta troppo rigida, confusa e complessa – commenta Fabio Spoletini, country leader di Oracle Italia -. Questo ha condotto a un’organizzazione scoordinata e farraginosa nella quale le opportunità e l’innovazione cadono nelle crepe che separano le linee di business da sistemi mal integrati”. Secondo Spoletini la vera sfida è “passare a un modello IaaS (Infrastructure as a Service) così le aziende possono colmare il divario e creare un’organizzazione basata realmente sulla collaboration”.
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