Spingere la diffusione del cloud nella Pubblica amministrazione, a partire da quella centrale “agganciando” anche quella locale. Rimuovere gli ostacoli burocratici che impediscono tuttora la diffusione di “massa” dell’e-procurement. Aggregare e “standardizzare” le infrastrutture, a partire dai Ced (Centri elaborazione dati, ndr).
Questa la sfida che vedrà protagonista Consip di qui ai prossimi anni. “Una sfida che sarà portata avanti in ottica di spending review, ma anche e soprattutto di spinta all’innovazione della macchina pubblica”, spiega al Corriere delle Comunicazioni Domenico Casalino dal 2011 al timone di Consip.
Classe 1962, Casalino vanta una lunga e profonda expertise nel campo dell’Ict: al Ministero dell’Economia dal 1988, prima di essere nominato amministratore delegato di Consip – di cui è stato anche vice presidente – è stato responsabile (fino al 2006) dei Sistemi informativi del Dipartimento del Tesoro. Numerosi i progetti Ict a sua firma per conto della Presidenza del Consiglio del Ministri, nonché per enti e per società pubbliche. È stato inoltre membro dell’IT Service Management Forum e del Club dei Dirigenti delle Tecnologie dell’Informazione. E dal 2007 al maggio 2011 è stato a capo dei sistemi informativi gestionali di Enav.
“Il Tesoro era nel mio destino – racconta -. Ho iniziato la mia carriera al ministero dell’Economia nel 1988 come funzionario. E oggi mi trovo ad affrontare una nuova entusiasmante sfida: i prossimi anni saranno determinanti riguardo alle iniziative legate al tema della dematerializzazione e più in generale dell’innovazione”.
Casalino quali sono i progetti su cui vi state concentrando?
Stiamo progettando per la Ragioneria Generale dello Stato l’Erp (sistema informativo di pianificazione delle risorse, ndr) dello Stato: le numerose applicazioni contabili e gestionali saranno sviluppate ed inquadrate in un’architettura integrata ed interoperabile, in maniera graduale ed efficiente. Contiamo in due anni di completare il percorso.
Quali saranno i benefici?
Le amministrazioni potranno interfacciare i propri sistemi gestionali con l’Erp in modo standardizzato e ciò consentirà di disporre in maniera uniforme di dati amministrativi, contabili e di bilancio. Da parte sua lo Stato potrà effettuare rilevazioni in tempo reale anche e soprattutto a scopo previsionale: in questo modo sarà possibile ottimizzare l’allocazione delle risorse con ingenti risparmi sui costi.
Poi c’è la sfida cloud. Cosa bolle in pentola?
Per il Mef stiamo progettando l’aggregazione in architettura cloud di tutti i Ced, ossia di quelli in capo al Dipartimento del Tesoro, alla Ragioneria generale dello Stato e al Dipartimento Affari generali. Si tratta di un’architettura evoluta di cui è in corso la progettazione: puntiamo a razionalizzare l’esistente fondendo in un’unica infrastruttura i sei Ced attualmente operativi. È un progetto molto importante perché oltre a generare un immediato risparmio di costi – pensi solo agli spazi fisici liberati ed anche ai consumi energetici – consentirà di fare fronte in modo più efficiente alla gestione di una mole di dati in crescente aumento.
La razionalizzazione dei Ced è una questione sul piatto da tempo, soprattutto considerata la mole di infrastrutture in capo alla Pubblica amministrazione locale. Potrete avere un ruolo in tal senso?
Con il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo abbiamo cominciato a ragionare sul da farsi: nell’ambito delle gare Spc (Sistema Pubblico di Connettività) che DigtPa dovrebbe far bandire a Consip si potrebbe sviluppare una linea di servizi cloud pensati ad hoc per le Pubbliche amministrazioni locali che potrebbero quindi avvantaggiarsi delle convenzioni Consip anche per questa tipologie di servizi. È un tema caldo e molto legato agli obiettivi dell’Agenda digitale italiana. Sono stato incaricato dal viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli a partecipare a diversi tavoli dell’Agenda Digitale e mi sono fatto un’idea su come bisognerebbe procedere affinché si ottengano risultati in tempi rapidi.
E che idea si è fatto?
Credo che l’unico modo per velocizzare i progetti sia di guardare nello specchietto retrovisore, ossia partire dallo status quo e da quello che è stato già fatto altrimenti si rischia di non ottenere gli obiettivi sperati in termini ad esempio di risparmio sui costi. Nel caso dei Ced sono 1033 quelli della Pubblica amministrazione centrale: tantissimi e sono necessari 450 milioni di euro l’anno solo per gestirli a livello infrastrutturale. Ora però non si può pensare di andare a realizzare altre infrastrutture dedicate al cloud, ma bisogna capire quali di quelle esistenti eliminare e come aggregarle.
Passiamo al tema dell’e-procurement: Consip è una best practice in materia, ma le cose in realtà non sono andate come si sperava. I numeri sono ancora bassi considerato il potenziale.
È vero. E sono due gli ostacoli principali sul cammino. Diversamente da quanto si pensi non è tanto la scarsa conoscenza degli strumenti informatici da parte dei committenti a rallentare l’adozione dell’e-procurement: i nodi principali sono rappresentati da alcune “anomalie” normative e dalla resistenza di alcune amministrazioni a convertirsi a un modo diverso di gestione che spesso “toglie” poteri e controllo.
E in che modo si possono sciogliere questi nodi definitivamente?
Intanto stiamo mappando la situazione per capire dove si concentrano le “inefficienze” e indagare le motivazioni alla base della mancata scelta dell’e-procurement. Stiamo lavorando alla semplificazione di alcuni strumenti. Sul piano normativo, ad esempio, va assolutamente eliminato l’obbligo del rogito sui contratti per beni e servizi istituito con Regio decreto del 1924! Pensi che su 100 gare online di alcuni Enti territoriali solo in 25 casi la procedura si conclude tutta per via telematica e ciò è dovuto agli obblighi “cartacei” che di fatto inficiano tutto il processo. Ma ci aspettiamo nuove norme in grado di semplificare e snellire le procedure.
Qualcuno sostiene che l’e-procurement non garantisce la qualità e che paradossalmente ha favorito il pericoloso fenomeno delle gare al continuo ribasso. Cosa ne pensa?
Con me sfonda una porta aperta perché mai e poi mai bisogna gestire l’appalto dei servizi, particolarmente IT, in logica di massimo ribasso. Nel 2005, con il mio ingresso nel Cda di Consip, ho subito messo la questione all’ordine del giorno e da allora le cose sono cambiate e si sono evolute nella giusta direzione. Il massimo ribasso distrugge le aziende e non favorisce in alcun modo la Pubbliche amministrazioni perché abbatte la qualità dei servizi. Da anni gli appalti Consip relativi ai servizi IT vengono assegnati dando priorità ai criteri tecnici e quelli economici non sono prevalenti. Questa è la strada giusta da seguire per garantire la sostenibilità dell’offerta da parte dell’aggiudicatario ed il raggiungimento degli obiettivi da parte dell’Amministrazione. Il tempo ci ha dimostrato che abbiamo ottenuto la migliore qualità con il miglior risparmio.