“Nei prossimi 12 mesi qualunque impresa italiana, soprattutto le piccole, dovrà avere un progetto di digital transformation. Con la discesa in campo di Confindustria, questo è un obiettivo alla portata del sistema delle imprese”. Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, spiega a CorCom la via italiana all’industria 4.0 che le imprese, soprattutto le Pmi, sono oggi chiamate a costruire in fretta per rilanciare l’intero sistema economico.
Non a caso, la quarta rivoluzione industriale e la digital transformation saranno i due temi al centro del summit in programma martedì prossimo a Milano, che vedrà anche la partecipazione del neo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e del mondo dell’Ict italiano. “Arriviamo all’evento in una condizione totalmente diversa rispetto a 12 mesi fa: la consapevolezza sull’importanza del digitale è senz’altro cresciuta e ora dobbiamo fare il salto attuativo”, spiega Catania che individua in cloud, big data e IoT i driver fondamentali e rilancia l’ambizioso obiettivo di innalzare il contributo del manifatturiero sul Pil dal 15 al 20%: “Grazie alle nuove tecnologie la manifattura può reinventarsi, ma gli imprenditori devono capire la necessità di mettere le mani sui processi produttivi in modo più rapido, energico e intenso”
Qual è la mission del summit di martedì prossimo?
È il nostro punto annuale di incontro con le imprese che quest’anno ha una valenza particolare. Avremo imprese che hanno portato la trasformazione digitale fra le loro priorità strategiche ed è giunto il momento di misurare il livello di pressione attuativa ed esecutiva di questi processi.
Che segnale è la presenza del neo presidente di Confindustria Boccia?
Boccia ha messo i temi digitali fra le grandi sfide per riportare l’economia sulla via della crescita produttiva e competitiva. È anche un modo per formalizzare il progetto da noi proposto di “Trasformazione competitiva digitale delle imprese e del Paese” che Confindustria ha fatto proprio. Fortunatamente arriviamo all’evento di martedì in una condizione totalmente diversa rispetto a 12 mesi fa. Oggi, infatti, la consapevolezza sull’importanza del digitale è senz’altro cresciuta. Ora dobbiamo fare il salto attuativo. E perché ciò accada vogliamo aiutare le imprese a capire come abbracciare il percorso digitale e rendere esecutivi i progetti. Spiegare loro gli approcci di metodo per affrontare nel migliore dei modi la digital transformation.
Siamo sotto la media europea per investimenti in tecnologia e digitale. Quale deve essere il ruolo delle aziende e quale quello di istituzioni e politica per colmare questo gap?
Gli indicatori ci dicono che il trend degli investimenti è cambiato di segno tornando in positivo, soprattutto su nuovi ambiti come il cloud, i big data e l’Internet of Things. Ma non basta, perché gli altri corrono veloci e la distanza resta: dobbiamo accelerare. Ci focalizzeremo molto sul tema dell’industria 4.0, con l’obiettivo di innalzare il contributo del manifatturiero sul Pil dal 15 al 20%. Come si è prefissata la Germania e come era una volta anche in Italia. Grazie alle nuove tecnologie la manifattura può reinventarsi, ma gli imprenditori devono capire la necessità di mettere le mani sui processi produttivi in modo più rapido, energico e intenso. Mi riferisco alla logistica, all’IoT, alla sensoristica intelligente e a tutte le tecnologie che permettono di fare il salto di qualità. In Italia le macchine e i robot in azienda non mancano, ma non sono collegati tra loro. Un altro grande tema riguarda l’integrazione delle filiere: se ne parla sempre molto, ma si fa sempre poco. Gli ecosistemi intesi come rapporti fra imprese devono essere rafforzati facendo leva sulla tecnologia e su piattaforme digitali di integrazione. Noi stiamo alzando il tiro facendo capire al Governo, che ha dimostrato grande sensibilità sul tema dell’industria 4.0 e con cui abbiamo numerosi tavoli di confronto aperti, che non stiamo parlando della necessità di politiche di sostegno ai settori o piccole modifiche degli incentivi. Siamo di fronte a un salto epocale e serve, oltre a un sano partenariato pubblico-privato, anche un orientamento più mirato delle risorse da investire. Non stiamo discutendo di digitale, ma di competitività dell’intero Paese.
Come si declinano concretamente i progetti sull’industria 4.0 in un tessuto imprenditoriale come quello italiano composto soprattutto da Pmi?
Se la trasformazione digitale è necessaria per qualsiasi imprese, lo è a maggior ragione per quelle piccole e medie. Abbiamo visto troppe aziende perdere margini e mercati per incapacità a competere. Fortunatamente abbiamo diversi esempi di realtà che ridisegnandosi attorno alla tecnologia sono riuscite a ottimizzare la logistica, innalzare la qualità del prodotto e ad internazionalizzarsi. Oggi il digitale permette di essere globali a prescindere dalla propria dimensione e questo è uno dei vantaggi che bisogna saper cogliere. Il salto degli investimenti e degli obiettivi non è più rinviabile: la parte pubblica deve creare le pre-condizioni necessarie e le imprese devono fare la loro parte. Ma in generale serve un approccio più aperto rispetto alle grandi trasformazioni digitali in atto, anche da parte delle banche che svolgono un ruolo importante per il credito alle Pmi. Dobbiamo scaricare a terra la pressione e le potenzialità del digitale e ogni azienda deve mettersi in moto. Nei prossimi 12 mesi qualunque impresa italiana, soprattutto le piccole, dovrà avere un progetto di digital transformation. Con la discesa in campo di Confindustria, questo è un obiettivo alla portata del sistema delle imprese.
Abbiamo qualche elemento strategico di Paesi stranieri da prendere come esempio?
L’unico Paese con cui possiamo raffrontarci è la Germania perché come noi ha una forte vocazione manifatturiera ed una lunga tradizione di ricerca e sviluppo. Ma è un confronto difficile perché noi abbiamo una dispersione di imprese sul territorio maggiore di quella tedesca. Per questo stiamo lavorando alla creazione di punti di innovazione, i Digital Innovation Hub, dove le Pmi e i cluster possano accedere per avere supporto importante. Abbiamo moltissime aziende sul territorio che vogliamo far incontrare e stiamo definendo la dislocazione di questi punti di innovazione. Una via italiana all’industria 4.0, che costituisca anche uno stimolo a riportare in Italia la manifattura fuggita all’estero e valorizzare la qualità del nostro capitale umano italiano. Anziché delocalizzare inseguendo risparmi sui costi, metteremo gli imprenditori nelle condizioni di potersi aprire al 4.0, con vantaggi non solo sui bilanci, ma soprattutto sulla crescita di competitività e produttività delle proprie imprese. Il tutto andando a pescare tecnologie, competenze e risorse nell’hub d’innovazione presente sul proprio territorio.