Investire in infrastrutture digitali capillari sul territorio nazionale è certamente un bell’aiuto per spiccare il salto. Come sempre in Italia la situazione è “a macchia di leopardo”, vediamo un progressivo aumento della digitalizzazione ma serve un’accelerata. Lo slancio decisivo sta nell’aspetto culturale e formativo. Le nostre aziende oggi possono accelerare e recuperare il tempo perduto rispetto alla concorrenza internazionale grazie alla disponibilità e all’accessibilità della tecnologia, che negli ultimi anni ha attraversato un forte processo di industrializzazione grazie al cloud. Il cloud ha consentito di semplificare l’utilizzo di tecnologie ritenute prima complesse, ha ridotto notevolmente le barriere di accesso eliminando gli investimenti iniziali e ha reso l’innovazione a portata di tutti grazie ai servizi innovativi IoT, Big data, analytics fruibili in cloud.
Se il problema non è più solo tecnologico, la criticità è culturale e di competenze. Se in Europa si stima che nel 2020 mancheranno all’appello 900.000 risorse con skill in ambito digitale, buona parte di queste mancano in Italia. Ecco allora da dove può arrivare la vera innovazione, la vera capacità di pensare e agire al di fuori degli schemi: dall’acquisizione di competenze adeguate al “nuovo mondo”. I nostri giovani hanno una grande opportunità per aiutare a eseguire l’Italia Digitale, il sistema deve aiutarli e indirizzarli. Mi sembra che il problema ormai sia all’attenzione delle istituzioni ma anche qui tutti insieme dobbiamo accelerare.