Dove la mettiamo la nuvola? La domanda non è peregrina. Pensateci un attimo. I datacenter delle grandi aziende del cloud, i contenitori dei dati di milioni se non miliardi di informazioni, dove posizionarli nello spazio? In quali contesti geografici? Vicino a quali fonti di approvvigionamento energetico, in quali contesti geopolitici, rispetto a quali densità demografiche? Perché, anche se ridotte dalla latenza che si misura in centesimi di secondo, la geografia comunque conta nella performance della nuvola.
Ecco dunque che è stata stilata da Bloomberg Businessweek una piccola mappa dei grandi contenitori di dati, dei grandi fronti nuvolosi, che Amazon, Google, Microsoft e altri attori mettono in pista. Cominciamo dagli Stati Uniti.
Negli Usa i “punti caldi” per i datacenter sono: Seattle e Portland, per l’abbondanza di corrente idroelettrica; Dallas e Houston, per la vicinanza al Messico e al Centroamerica, oltre che per gli incentivi fiscali; l’Iowa per l’abbondanza di vento (energia eolica) e incentivi fiscali; Toronto e il Quebec, per la densità di popolazione; la Virginia per la densità di popolazione; la Silicon Valley, perché nonostante sia super-costoso tutto, ha una densità tale di aziende e utenti hi-tech che è inevitabile esserci.
Vediamo il “resto del mondo” a partire dall’America Latina: San Paolo in Brasile: alto prezzo dell’energia ma è uno dei posti in cui la crescita della nuvola è maggiore e la densità demografica e di attività commerciali è enorme.
Europa: i tre punti caldi sono Dublino, grazie soprattutto alla densità di aziende hi-tech per gli sgravi fiscali messi in piedi dall’Irlanda; Londra, perché il suo distretto finanziario da solo vale la spesa al metro quadro; Francoforte, soprattutto per i requisiti di privacy dei clienti tedeschi e della normativa locale, e la dimensione del mercato di lingua tedesca.
Asia: Pune, Chennai e Mumbai: un mercato gigantesco anche se le infrastrutture locali sono deficitarie; Hong Kong, per tutta la Cina ma in condizioni legali più favorevoli rispetto alla Cina continentale; Singapore, per la struttura economica e tecnologica voluta dal governo locale, la presenza di multinazionali e la posizione strategica; Tokyo perché, nonostante gli altissimi costi energetici, è la terza economia mondiale e uno dei più grandi mercati del cloud al mondo; Sydney e Melbourne, perché nonostante ci siano relativamente pochi utenti, sono talmente lontani da tutto il resto che è necessario “ripetere” le nuvole anche in quell’area per erogare servizi di qualità.