La questione non è solo terminologica: “Non chiamiamole più nuove tecnologie, è un modo per deresponsabilizzarci: la tecnologia è qui, e possiamo usarla. E non dobbiamo parlare più di virtualizzazione, quando ci riferiamo ai servizi digitali, perché sono reali. Sono immateriali, ma molto reali, e soprattutto hanno un impatto sul modo di gestire risorse e attività, specie quelle della Pubblica amministrazione”. Così Stefano Quintarelli, presidente del comitato di indirizzo dell’Agenzia per l’Italia Digitale, ha aperto il proprio intervento all’Emc Forum 2014 che si è tenuto oggi a Milano. Ed è un monito che, più o meno direttamente, è risuonato per l’intera durata dell’evento. I destinatari? Non solo i non addetti ai lavori e i clienti, ma specialmente i Cio e chi ha il non semplice compito di convincere il mercato che IT non può più essere considerato sinonimo di un costo che, in molti casi, cresce esponenzialmente: la tecnologia oggi ha il compito di ridefinire, spesso anche dalle fondamenta, aziende, business, prodotti e relazioni con il cliente. Chi non lo accetta, rischia l’estinzione.
Quintarelli ne ha approfittato anche per delineare le premesse del piano Italia Login, il progetto di identità digitale da 800 milioni di euro annunciato la settimana scorsa dal premier Matteo Renzi. “Fondamentalmente intendiamo ribaltare il paradigma attuale, costruendo un set di Api che permettano ai cittadini di interagire con un framework all’interno del quale la PA, o meglio, le PA incastreranno i propri servizi. È un lavoro complesso, come erigere una cattedrale: stiamo cominciando a dare l’indirizzo di sviluppo”.
Ma l’Emc Forum è stato anche l’occasione per confrontare il modo in cui il mondo del business utilizza oggi l’IT e gli scopi per cui lo sfrutterà domani. “Anzi, ancora prima. È sotto gli occhi di tutti la rapidissima trasformazione a cui sono sottoposte tutte le industry, dalla grande distribuzione al settore bancario, senza escludere la chimica e il manifatturiero. E alcune si stanno facendo trascinare da una sorta di paranoia del cambiamento”, ha spiegato Adrian McDonald, numero uno della multinazionale tecnologica per quanto riguarda l’area Emea. Uno studio autoprodotto presentato in mattinata dice il 62% delle aziende italiane afferma che la crescita del business è oggi più che mai direttamente legata alla leva tecnologica. Per questo stanno sviluppando progetti cloud, mobile, sociale e Big data per velocizzare il business e aumentare l’efficienza (nel 48% del campione intervistato), creare nuovi prodotti e servizi (41%) e migliorare la customer experience (33%). Il 50% del panel dichiara di fare leva sulla tecnologia per trovare nuovi clienti.
“È una trasformazione inevitabile: ci saranno sempre meno vendor, i costi scenderanno, e di conseguenza calerà l’occupazione a livello di operation. Il lavoro si sposterà sempre più verso i servizi legati all’output dell’Information technology. Cambierà anche il ruolo del Cio”, ha aggiunto McDonald, “passando da quello di advisor del Cfo a quello di architetto di nuove applicazioni customer-centric. Starà poi al responsabile informatico delineare le nuove strategie aziendali sulla base dei feedback dei clienti”.
Oggi, secondo McDonald, l’IT è focalizzato prevalentemente sul data warehousing e sulla reportistica relativa a informazioni interne. Un’impostazione statica che lascerà presto il passo a funzioni più evolute, come il data processing su partner e clienti per costruire modelli predittivi. Le infrastrutture da silos con carichi di lavoro lenti e pesanti, grazie alla convergenza e all’automazione saranno votate all’elasticità e al networking, garantendo abbattimento di costi, agilità e velocità di calcolo. “Sul fronte sicurezza”, ha concluso McDonald, “se il 64% delle risorse è attualmente utilizzato per respingere gli attacchi con una logica perimetrale basata sul controllo delle intrusioni, domani adotteremo soluzioni di adaptive e data driven security. L’approccio sarà multiplo, fondato su strumenti analytics che permetteranno di comprendere la natura degli attacchi, prevenendoli, soprattutto per quanto riguarda il capitale intellettuale e le identità digitali”.
Ospiti dell’Emc Forum, oltre a Gianluca Vialli, personaggio che ha più volte ridefinito il proprio ruolo e che ha condiviso la propria esperienza, c’erano anche Claudio Domenicali, Ceo di Ducati, e Silvio Fraternali, Cio di Intesa Sanpaolo. I due manager hanno condiviso con il pubblico sfide, perplessità e punti di vista sul modo in cui la tecnologia impatta sui risultati (e sui costi) di una multinazionale del lusso a due ruote e di un grande gruppo bancario.
“Ducati ha un rapporto one to one con il proprio consumatore, per questo utilizziamo la tecnologia, Internet e social media in primis, in modo crescente per abbattere le barriere geografiche”, ha detto Domenicali. “Il 40% dei nostri contenuti è visualizzato via mobile, e considerando che noi non vogliamo clienti, ma fan, e che non vendiamo moto ma sogni, potremmo quasi dire che la nostra offerta sottende più all’ambito dell’entertainment che della mobilità. A questo punto, il limite è solo la capacità di sfruttarne il potenziale”. Un esempio? Per vendere il modello Super Leggera, una moto in edizione limitata (500 esemplari e 65 mila euro di listino), Ducati ha analizzato il database dei propri clienti, effettivi e prospect, per un totale di 550 mila nominativi. Li ha profilati per spesa e interessi e ne ha scremato una lista ristretta, a cui ha inviato una lettera personalizzata e un accesso riservato a un’area del sito Internet, invisibile agli altri utenti e dedicata alla motocicletta speciale. Il risultato? Dei 500 modelli a disposizione, 450 erano stati venduti prima della presentazione. “In pratica non l’abbiamo venduta, ce la siamo fatta comprare”, ha commentato Domenicali.
Fraternali ha tutt’altro a cui pensare. “Siamo in quella fase di paranoia di cui parlava McDonald, visto che le banche sono tra le aziende più colpite dal repentino cambiamento del modello di business indotto dalla tecnologia. Il vero cambiamento però avviene non solo con la tecnologia, ma soprattutto con le persone, e in questo caso specifico le persone rischiano di essere il collo di bottiglia. Non tanto per via delle competenze che non hanno, quelle si possono acquisire. Il problema è il mindset, specialmente in ambito manageriale. D’altra parte sono stufo del muro del pianto: i Cio si lamentano che non sono ascoltati? La colpa è dei Cio, e molto dipende anche dalla storia che abbiamo creato, facendo lievitare i costi tecnologici senza generare un corrispettivo tasso d’innovazione. Oggi tutto ciò non è più possibile, e le banche devono cambiare il modello distributivo, visto che l’attuale non è più sostenibile: il consumatore si sta spostando verso il mondo digitale, dove richiede servizi semplici e personalizzati. La tecnologia rappresenta il driver per mettere la persona al centro di qualunque esperienza. La vera grande rivoluzione? I Big data, con cui si può cambiare completamente il modo in cui si disegnano i sistemi, mettendo l’informazione la chiave per lo sviluppo delle applicazioni”.
Il numero uno di Ducati sposa la tesi di Fraternali, e rincara la dose. “Gli analytics ci hanno dato una gran mano nella profilazione dei clienti, ma mi domando perché il sempre maggiore budget che mi viene richiesto dall’IT sia ancora totalmente scoordinato rispetto alle performance di fatturato. Io sono un manager fact-based, sono disposto a investire in qualcosa se ne riscontro il valore. Quindi, o il mio responsabile IT non riesce a descrivere il valore che è capace di generare, oppure il valore non c’è. Oggi come oggi, il problema di chi non investe in tecnologia non riguarda il denaro, che spesso non manca. È che non ne è convinto. Dovete convincermi”.