Il cloud computing fa bene all’ambiente. È la conclusione di uno studio presentato oggi a Shenzhen (Cina meridionale) in un forum organizzato dalla GeSI (Global e-Sustainability Initiative), associazione che promuove la sostenibilità delle nuove tecnologie, e il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. I ricercatori hanno scoperto che, grazie alla “nuvola”, si possono ridurre di molto le emissioni di gas ad effetto serra perché, essendo una tecnologia che permette di tenere i dati conservati in un server accessibile da qualsiasi parte del mondo senza dover utilizzare terminali, limita notevolmente l’impiego di computer o laptop e quindi di materiali potenzialmente dannosi per l’ambiente.
Scendendo nel dettaglio lo studio – condotto da GeSI, dal Think Play Do Group (spin out del College di Londra) e da Microsoft per poi essere passato al vaglio dell’Università di Reading e della Harvard Business School – ha mostrato in via sperimentale che, soltanto in Cina, l’uso del cloud computing per il business potrebbe ridurre le emissioni di gas ad effetto serra di almeno 2 Mt (milioni di tonnellate). Questo equivarrebbe a rimuovere dalle strade cinesi oltre 700mila automobili e frutterebbe un risparmio in termini di bolletta energetica di circa 900 milioni di yuan, oltre 100 milioni di euro. Il “miracolo” potrebbe accadere se solo l’80% delle aziende cinesi passasse al cloud computing per le email, il sistema di relazioni con la clientela e le applicazioni gestionali.
Usando la “nuvola”, come già avviene nella sede principale di Huawei a Shenzhen, non è necessario fornire agli impiegati normali computer o laptop che dovranno poi essere manutenuti o rottamati. Al contrario, poiché i dipendenti avranno sempre e dovunque a disposizione le informazioni, i dati e le applicazioni grazie soltanto a una tastiera e un monitor, o a un dispositivo tipo tablet, è possibile limitare l’uso dei materiali.
Come ha spiegato Luis Neves, presidente del GeSI, le tre applicazioni prese in esame sono “solo la punta dell’iceberg. Nel 2008 abbiamo pubblicato uno studio che dimostra che su larga scala un sistema basato sulle tecnologie con scambio di informazioni e comunicazioni rapide può portare a un 15% di riduzione nelle emissioni globali di gas ad effetto serra e far risparmiare almeno 600 miliardi di euro per il 2020”.
Una delle maggiori difficoltà, soprattutto in Paesi come la Cina, è rappresentata dalle questioni relative alla sicurezza dei dati e dalla mancanza di legislazione a riguardo. Su questo sta lavorando l’Itu (nternational Telecommunication Union), agenzia delle Nazioni Unite che si occupa del settore. “Il futuro – ha spiegato al forum Cristina Bueti, consulente dell’agenzia – è nel clouding e i governi devono trovarsi pronti a questa sfida che non è solo innovativa, ma porta anche benefici in termini ambientali e quindi migliora la qualità della vita”.