Google cerca di aumentare la sua presenza nel mercato del cloud che negli ultimi anni sta attirando investimenti da tutti i colossi hi-tech. E questa volta prova ad attaccare Amazon che finora si è trovata in prima fila in questa corsa. Così ha annunciato di aver acquistato Bebop, gruppo che si occupa di cloud, guidato da Diane B. Greene veterana della Silicon valley che entra anche a fare parte del board di Alphabet, la nuova società che controlla tutti gli asset di Google.
Il gruppo non ha rivelato i dettagli dell’operazione che sarà chiusa all’inizio dell’anno prossimo. Oltre a questo Greene prenderà la guida della divisione cloud del colosso, una mossa che potrebbe portare a un importante cambiamento di strategia per Google, questo perché il gruppo potrebbe iniziare a puntare anche sulle aziende.
Infatti Greene è fondatrice ed ex amministratore delegato di VMware, produttore di un software usato nei data center di centinaia di aziende attraverso il cloud. In tutto questo il settore è ancora tutto da scoprire e offre possibilità sterminate. Proprio ieri Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, ha detto, annunciando l’acquisto, che nel mondo ancora una piccola frazione di dati sono messi sul cloud.
L’arrivo di Greene servirà a Google – come Pichai ha sottolineato – a far migliorare ancora di più i servizi alle aziende e non soltanto quelli ai singoli cittadini.
La grande opportunità del settore – dicono gli analisti – è quella di poter sviluppare quello che diventerà l’equivalente di un sistema operativo per il cloud. E in questo Greene, 60 anni, ha grande esperienza. Alla fine del 2012 ha fondato Bebop per creare un nuovo software attraverso il quale scrivere applicazione per il cloud. Già Amazon, Microsoft e Ibm offrono piattaforme per scrivere applicazione per il cloud, in un mercato che sta crescendo molto velocemente e che potrebbe arrivare a un valore di 2,3 miliardi di dollari nel 2019, da 803 milioni del 2015, secondo i dati diffusi da Idc.
Nn basta: sempre via cloud Google si lancia alla riconquista dello spazio perduto sul terreno del search mobile a causa della diffusione di app. L’azienda potenzia le ricerche online fatte da smartphone e tablet introducendo lo streaming delle applicazioni. Se il contenuto cercato da un utente si trova su una app che non ha installata sul suo telefono, potra’ comunque vederlo, navigando nella app. Il concetto e’ il medesimo dei video in streaming: guardare via internet un filmato che non e’ stato scaricato su pc o telefono. Per ora non sono molte le app coinvolte dalla novita’: HotelTonight, Chimani, Daily Horoscope e New York Subway Map.
Il cambiamento, una volta che il sistema andrà a regime, sara’ sostanziale. Finora, infatti, se tra i risultati di una ricerca erano presenti contenuti di una app, l’unico modo per vederli era scaricare la app stessa. “Abbiamo iniziato a indicizzare i contenuti delle applicazioni due anni fa, e ora abbiamo oltre 100 miliardi di collegamenti alle app, incluse Facebook, Instagram e Pinterest“, scrive Google sul suo blog, sottolineando che il 40% delle ricerche fatte da dispositivi Android rimandano anche a contenuti di app.
Sempre sul fronte delle ricerche ‘mobile’, Google nei giorni scorsi ha stretto un accordo con Facebook per indicizzarne i contenuti pubblici, che saranno visualizzati direttamente all’interno dell’applicazione del social network. Un modo, per la società di Mark Zuckerberg, di accrescere il traffico sulla sua piattaforma.