Più della metà dei computer portatili o tablet acquistati dalle scuole elementari e medie degli Stati Uniti nel terzo trimestre sono stati Chromebook, computer portatili a basso costo che usano il software cloud di Google. Tra cui app cloud come GoogleDocs che permettono di scrivere, fare calcoli, archiviare e organizzare dati, fare presentazioni. Nel mondo, sono più di 50 milioni gli studenti e gli insegnanti che utilizzano questi servizi cloud. E vengono tutti tracciati da Google.
L’azienda di Mountain View, sostengono alcuni difensori della privacy secondo quanto riporta il quotidiano americano Washington Post (attualmente proprietà personale di Jeff Bezos, che con Amazon è il diretto avversario di Google nel settore cloud), traccia ciò che gli studenti fanno utilizzando i servizi cloud e utilizza alcune di queste informazioni per vendere annunci pubblicitari mirati. E i genitori non possono farci niente, a causa della tipologia di accordi che le scuole sottoscrivono con Google.
«In alcune delle scuole con cui abbiamo parlato – dice al Washington Post Nate Cardozo, un avvocato che collabora con la Electronic Frontier Foundation – i genitori ci hanno detto che non c’è alcuna possibilità di dire “no” a questa raccolta dati».
Google, la cui holding adesso si chiama Alphabet, ha riconosciuto che raccoglie i dati su alcune attività degli studenti “per migliorare i propri prodotti” ma ha respinto le critiche, affermando che le sue app per la scuola sono conformi alla legge.
«Siamo sempre stati fermamente impegnati a mantenere le informazioni degli studenti private e sicure”. Lo ha scritto in un post sul blog di Google Jonathan Rochelle, direttore di Google Apps per l’Istruzione. Google, riporta il Washington Post, ha rifiutato di commentare ulteriormente.
Il problema però, secondo i difensori della privacy, è che molti dirigenti scolastici non si rendono conto di quante informazioni vengano raccolte da Google o di come possano essere usate anche al di là del fornire servizi per la scuola. Per alcuni genitori, inoltre, questo tipo di accordi è “preoccupante”.
Come afferma un genitore, ripreso dal Washington Post, «la prima fonte di reddito per Google è raccogliere dati sulle persone. E non ci piace l’idea che questo succeda nel nostro sistema scolastico».