Intel ha l’Italia nel “cuore”. Riva: “Nel 2017 sarà svolta digitale”

Il country manager: “Vogliamo scommettere sulla capacità d’innovazione degli italiani. Ora puntiamo su cloud e data center Sdi per consentire alle imprese di fare il salto nel mondo della digital economy”

Pubblicato il 16 Dic 2016

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«Ho scelto di rientrare dopo 10 anni perché l’Italia è diventata “focus country” per Intel. Per il Paese è un momento storico, basti citare la rivoluzione digitale e industria 4.0. Da italiano che ha lavorato negli ultimi anni all’estero ho deciso di scommettere sulla voglia di cambiamento e sulla capacità di innovazione degli italiani: l’anno prossimo potrebbe essere quello della svolta. Dobbiamo soltanto credere di più nel nostro Paese».

A parlare è Maurizio Riva, nuovo country manager di Intel corporation in Italia. Nato a Piacenza, laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano, Riva è in azienda dal 2001, e viene dall’incarico di direttore dei clienti multinazionali per l’area Emea.

Riva, è un momento di cambiamento per il Paese, caratterizzato dal mantra della trasformazione digitale. Quale sarà il ruolo di Intel?

Intel si sta trasformando: da società principalmente focalizzata sui Pc, da cui ancora oggi deriva una parte importante del fatturato, e poi dei server, punta oggi in modo sempre più concreto sul mercato dei data center e dell’internet delle cose. Al centro ci sono i data center e il cloud, e intorno ruotano le cose, quindi i dispositivi, e le persone. Stiamo rifocalizzando il nostro business sulle possibilità offerte dalle Software designed infrastructures: dinamiche, flessibili e basate sulle esigenze dei singoli clienti.

Che sensibilità registrate tra le aziende verso le vostre soluzioni?

La richiesta c’è, soprattutto se parliamo di multinazionali, industria o banche. Se poi spostiamo il focus sugli operatori di mercato, il panorama è più variegato, ma si avverte l’esigenza di adattarsi alle nuove esigenze del mercato. In campo c’è un numero limitato di player, che ormai hanno presente come il solo vendere server sia limitativo. Sul cloud si può scegliere tra “big seven”, 4 americani e 3 cinesi, o se rivolgersi al mercato locale. Spesso il fatto di poter lavorare con operatori di prossimità offre un valore aggiunto, in termini di attenzione al cliente e di personalizzazione delle soluzioni. Così invece che vendere 10 server si può pensare all’opportunità di fare storage in cloud, che sia pubblico, privato o ibrido, con piccoli data center di prossimità. E’ una dinamica già in atto in altri paesi europei, che in Italia si presenta come una importante opportunità, e sui cui Intel ha deciso di puntare.

Qual è in questo quadro il ruolo delle soluzioni Sdi?

Nella nostra offerta abbiamo una famiglia di processori, la Xeon E5-2600 v4, che possiede gli ingredienti chiave per la SDI, permettendo ai clienti di passare al cloud in modo semplificato. Esistono soluzioni, sia proprietarie sia open, che permettono di sviluppare offerte dinamiche e tailor made. Non è ancora un mercato maturo, ma una prospettiva di sicuro interesse per le aziende.

Nei settori ad alto tasso di innovazione si parla della necessità di standard: è davvero un aspetto centrale?

Oggi quando compro un cloud rimango bloccato tra i suoi confini. Se voglio integrarlo con soluzioni di altre aziende spesso non c’è interoperabilità tra le piattaforme. Abbiamo deciso di dare vita a “Intel cloud for all”, perché in un mercato sempre più aperto il cliente possa scegliere la soluzione che preferisce e aggiungerla a quella che aveva già. Investiamo in altri operatori del settore per accelerare l’adozione di cloud basati su Sdi, ottimizzando tecnologie chiave e allineando il settore. La storia insegna che gli standard hanno permesso ai mercati di crescere, mentre ciò che non è standard permette a qualcuno di fare più profitto per un periodo limitato, ma non giova alla crescita dell’ecosistema.

La prospettiva è di un utilizzo sempre più approfondito e consapevole dei dati. Quali benefici verranno dagli analytics?

Molte aziende che devono brevettare soluzioni cercano di capire cosa faranno dei dati che quelle nuove soluzioni potranno generare, e decidere quale sia migliore. La parte analytics sta crescendo in modo deciso: abbiamo bisogno di soluzioni che analizzino i dati in modo sempre più veloce, perché a questo si collegano l’intelligenza artificiale e il machine learning. All’analisi dei dati è dedicata un’intera famiglia di processori Intel, gli Xeon E7 v4.

Capitolo sicurezza: i timori sul cloud sono fondati?

A frenare l’adozione del cloud su scala mondiale è la preoccupazione su “dove fa finire il dato” e sulla sicurezza del suo trasferimento. Alcuni paesi, come la Germania, hanno disposto che alcuni dati debbano rimanere sul territorio tedesco. Da ingegnere informatico penso che abbia poco senso, ma si tratta di leggi e noi ovviamente le rispettiamo. La vera domanda da porsi è se il dato, a prescindere da dove “risieda”, sia sicuro.

Noi lavoriamo per dare questa garanzia. Ma c’è un aspetto culturale da sfatare: non avere in azienda il data center dà l’impressione di perdere il controllo sui propri dati, ma in realtà è come conservare qualcosa in una cassetta di sicurezza: impossibile aprirla senza la presenza del titolare. In più avere i dati in cloud consente alle aziende di liberare budget per attività più “core”. Non credo che in Italia ci sia bisogno di un intervento legislativo ad hoc: un protezionismo difficile da gestire, e dal punto di vista dell’adozione del cloud non cambierebbe molto, al di là della spinta sulla creazione di data center in più nel Paese.

La PA può fare da traino all’innovazione, anche nel cloud?

Io credo di sì. Se la PA implementasse un servizio cloud sempre più avanzato, sarebbe senza dubbio d’aiuto per i privati. È accaduto per la Pec e per la fatturazione elettronica: poter disporre in sicurezza sul cloud della propria tessera elettorale, o di altri servizi essenziali, aiuterebbe anche il passaggio “culturale”.

Quanto sta investendo Intel su questa trasformazione?

L’Italia rappresenta per Intel un focus e l’attenzione verso la trasformazione in atto nelle imprese e nel settore pubblico è molto alta. Guardiamo con fiducia ai prossimi mesi, scommettendo sul mercato italiano, dedicando importanti risorse e un costante impegno.

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