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Neutralità della rete: su cloud è un’altra cosa

La diffusione della nuvola mette in discussione il modello di net neutrality che fino ad oggi l’utente ha delegato (a pagamento) a un solo operatore

Pubblicato il 17 Set 2012

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Assistiamo ad una riconfigurazione del divario digitale, la seconda. Originariamente (anni Novanta) si intendeva per divario digitale la condizione di sfavore sociale e culturale determinata dalla mancata connessione ad Internet; nel Web 2.0 il concetto di divario digitale è progressivamente slittato fino ad indicare la mancata diffusione della banda larga e, con essa, della disponibilità dei servizi più evoluti, interattivi e multimediali della rete. Discutevamo recentemente con Alessandro Neri, docente di ingegneria delle telecomunicazioni a Roma Tre, e con altri amici, che nell’epoca del cloud è ormai l’accesso alla nuvola quello che determina l’inclusione o l’esclusione digitale. Naturalmente bisogna intendersi sul cloud: nella pratica corrente molti faticano a superare il concetto di uno storage remoto e immateriale che semplifica molto un vecchio limite di chi si muove molto: la disponibilità di tutte le proprie cose ovunque e la sincronizzazione di tutti i dispositivi: un limite di cui tante volte si è promessa la soluzione, ma che mai è arrivata veramente soprattutto se si lavora in rete con altri che hanno diverse dotazioni informatiche, diversi standard e diverse pratiche.

Chi scrive è stato sottoposto a pubblica fustigazione perché erroneamente aveva spostato sulla propria scrivania una cartella condivisa di DropBox, impedendo a una ventina di persone sparse nei posti più strani di accedere al materiale su cui tutti insieme, e con le solite scadenze follemente ravvicinate, stavamo lavorando.
Il cloud però è molto di più di una comoda archiviazione, condivisa se si vuole: intanto una sorta di autonoleggio o di leasing da cui si preleveranno in affitto tutto il software, le applicazioni, i data base che di volta in volta ci servono e che – dopo essere stati residenti sui nostri pc per venticinque anni – ritornano alla base, si allontanano da noi per essere accessibili solo quando e come ci serve.

Ma c’è molto di più: il cloud tende a diventare l’infrastruttura di comunicazione stessa, facendo apparire talvolta la sempre necessaria e indispensabile larga banda più come un backbone, una grande dorsale, che un servizio consumer per il quale il cloud può offrire al cliente leggerezza e semplicità mentre contemporaneamente serve su un piatto d’argento alle telco (e a molti altri operatori più o meno virtuali) un nuovo servizio ad alto valore aggiunto.
Naturalmente tutto ciò sposta in avanti molte altre questioni: non solo privacy e security, come ha recentemente indicato il Garante, ma anche la neutralità della rete: che noi praticamente deleghiamo, a pagamento, ad un solo operatore.

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