L'INTERVISTA

Parte la sfida dell'”altra” Avaya. Palermo: “PA pillar fondamentale”

Alle spalle l’anno della ristrutturazione e dell’uscita dal Chapter 11. L’azienda guarda al 2018 come all’anno della “rinascita” anche grazie alle risorse frutto della quotazione in Borsa. Molti i progetti in campo in Italia, in particolare sul fronte PA. Determinante l’ecosistema dei partner per avvicinarsi sempre più ai territori. A Roma l’11 aprile un grande evento a Villa Miani per svelare strategia e roadmap nazionale

Pubblicato il 23 Mar 2018

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Il passato è ormai alle spalle. E se il 2017 è passato alla storia come l’anno della profonda ristrutturazione, con l’uscita definitiva dal Chapter 11, si punta sul 2018 per invertire la rotta all’insegna di un New Deal e di un futuro declinato in nome della digital transformation. “Non una nuova Avaya ma un’altra Avaya”, ci tiene a puntualizzare il country manager Massimo Palermo.

“Il nostro passato rappresenta la nostra forza ed è la base per il futuro. Siamo un’azienda in trasformazione, come è giusto e normale che sia se si vogliono cogliere le rinnovate opportunità del mercato. E la mutazione da hardware a service company è di fatto un atto dovuto”. A Roma il prossimo 11 aprile, nella splendida cornice di Villa Miani, l’azienda chiamerà a raccolta partner e clienti per presentare la mission prossima ventura, condividere progetti e iniziative e far toccare con mano in una demo area il futuro che è già presente. “Abbiamo molto da raccontare – annuncia Palermo a CorCom – e l’evento rappresenterà un momento importante per spiegare come si stanno evolvendo le nostre soluzioni, condividere le direzioni verso cui stiamo indirizzando l’innovazione per supportare al meglio la trasformazione digitale dei nostri clienti ma soprattutto come stiamo cercando di creare ulteriore valore con l’ecosistema dei nostri partner partendo dalla consapevolezza che come importante player del settore dobbiamo dare e non solo chiedere in termini di formazione e di investimenti”.

Palermo, quali sono le tappe del nuovo percorso?

In primis puntiamo a consolidare la nostra posizione di leadership nel mondo del contact management e della unified communications,  e utilizzeremo le nuove risorse finanziarie disponibili a seguito dello sbarco in Borsa per reingegnerizzare le piattaforme core e renderle integrabili con le disruptive technology, dall’Intelligenza artificiale alla blockhain, per citare le più emergenti. Tutto questo non lo faremo da soli: la comprensione dei clienti e dei mercati, soprattutto in Italia, passa attraverso il dialogo e la collaborazione continua con i partner. Un processo necessario per identificare la giusta roadmap per la digital transformation dei clienti, in particolare quando il cliente in questione è la Pubblica amministrazione.

La digitalizzazione della PA italiana è dunque una priorità?

Sì lo è. All’interno della strategia Avaya la PA è già un “pillar” fondamentale e rappresenta una parte importantissima del fatturato. E anche a livello mondiale è uno dei principali settori di riferimento. Le tecnologie Avaya, da 10 anni a questa parte, sono fra le più utilizzate dalla PA italiana: ci siamo aggiudicati moltissime gare Consip per le convenzioni di riferimento, Avaya ha ottenuto, per prima, la certificazione Spc già nel 2006 e vantiamo più di 300mila clienti attivi relativamente ai sistemi Voip nella PA. Già da gennaio 2017 il partner Beta 80, leader nell’emergency management. ha integrato la nostra soluzione nell’ambito del nostro programma  Devconnect. L’obiettivo del programma è proprio quello di promuovere ed abilitare la creazione e la messa sul mercato di soluzioni di comunicazione innovative unendo prodotti, servizi e tecnologie complementari di aziende leaders di tutto il mondo per offrire ai clienti Avaya soluzioni end-to-end per indirizzare le loro sfide. Con Beta 80 e con Telecom Italia abbiamo contribuito a realizzare la Centrale Unica di risposta del Nue 112 di Catania che è già considerata una best practice. Dall’analisi della apposita Commissione Consultiva che ha il compito di avviare e monitorare l’attuazione del Nue 112 a livello nazionale è infatti emerso che la centrale di Catania è la più veloce nei servizi di risposta in Italia. Questo per dirle che puntiamo molto sui partner per costruire soluzioni a valore aggiunto e piattaforme verticali – in particolare per la gestione dei servizi di emergenza e di healthcare – che consentano di rispondere a specifiche necessità. Clienti, piattaforme abilitanti ed ecosistema di partner sono i tre perni della strategia Avaya per consolidare la propria posizione di leadership in un mondo digitale dove tutto è sempre più real time, smart, mobile ed event-driven.

Cosa vi contraddistingue rispetto ai competitor?

Spesso la PA ha problemi di risorse economiche e di competenze. Noi possiamo intervenire andando a soddisfare le esigenze in una logica quasi completamente end-to-end passando dalla consulenza al supporto post vendita alla formazione. Le aree principali in cui si deve declinare il percorso di digitalizzazione della PA sono in primis la digitalizzazione dei processi e quella delle procedure per abilitare poi la cittadinanza digitale e quindi la strutturazione di opportuni canali digitali per rendere sempre più partecipata l’interazione cittadino – PA. Spesso però per mancanza di vision o di fondi non si avvia una progettualità importante. I sistemi di comunicazione e collaborazione sono ampiamente disponibili e spesso le PA hanno già in casa “l’embrione Voip”. Ma non basta: messaging, web collaboration, chat e video sono funzionalità da sfruttare e integrare. Bisogna andare oltre il Voip, oltre il mero risparmio che è stato alla base dell’adozione del Voip. Bisogna ragionare in una logica di piattaforma e non più di “monoliti di plastica”, ossia gli apparecchi telefonici. A volte basterebbe poco per raggiungere miglioramenti significativi. Sfruttare l’esistente: penso alla semplice aggiunta di softclients, a funzionalità/capabilities per fruizione dei servizi in mobilità o funzionalità di collaboration da aggiugere alle soluzioni già esistenti.  Il video, ad esempio, è una funzione altamente abilitante nelle potenzialità di interazione con i cittadini. Proprio qualche giorno fa abbiamo battezzato l’Avaya Equinox Meeting Online, una piattaforma totalmente in cloud che semplicemente attraverso l’inserimento di una username e una password, e quindi senza investimenti in infrastrutture, è immediatamente fruibile. La capacità di offrire piattaforme in grado di coniugare la crescita esponenziale di dispositivi, la mole di dati generata, e soprattutto, le comunicazioni fra chi dovrà elaborare queste informazioni farà la differenza. In questo contesto serve sicuramente una UC evoluta ma anche conoscenza ed esperienza per permettere alle organizzaizoni di comunicare efficientemente e senza soluzione di continuità su diverse piattaforme ed apparati. Quinda da esperti del settore rinteniamo per storia, competenze, soluzioni, esperienze, referenze di giocare un ruolo rilevante e differenziante.

Il cloud nella PA sta funzionando?

L’uso del cloud nella PA è più complesso che nelle aziende: ci sono forti resistenze culturali ma anche ragionevoli barriere, come quella della sicurezza e della gestione della complessità. Per questa ragione noi propendiamo per un modello ibrido di adozione graduale servizi Cloud. Possiamo dire che è arrivato il momento di esplorare il cloud considerandolo una sorta di proof of concept per una implementazione parziale oppure per abilitare un determinato servizio o modello operativo. L’era del cloud è arrivata e potrebbe portare molte opportunità per il settore pubblico, che vanno ben oltre il semplice risparmio.

La vostra “mission” riguarda anche la PA locale?

Abbiamo già una presenza fortissima nella PA locale. E il fermento maggiore riguarda proprio questo segmento, una “minoranza silenziosa” che va aiutata anche e soprattutto facendo leva sui partner locali. La CT7, la convenzione Consip attualmente attiva che riguarda la fornitura di soluzioni Voip e Uc attraverso la piattaforma voice-video Equinox lanciata nel 2017, vede già in campo alcune realtà locali in cui stiamo cominciando a implementare le soluzioni.

Ma la PA ha le competenze e il know how per affrontare la sfida della trasformazione digitale?

Bisogna sfatare il falso mito dell’ignoranza digitale nella PA. Abbiamo rilevato in molti casi una notevole competenza degli interlocutori, ma senza dubbio serve un processo di accompagnamento per il futuro. È indispensabile creare e-skills e canalizzare le nuove tecnologie.Tutto intorno a noi sta cambiando velocemente: è normale che anche le competenze debbano seguire questa evoluzione. E qui il ruolo delle aziende come la nostra diventa fondamentale. Le aziende non sono certo delle “onlus” ma è dovere delle aziende investire, anche con progetti di educazione, e con iniziative proattive per favorire la trasformazione. È questo che fa la differenza nelle offerte e nel mercato. La digital transformation richiede digitale enterprise ed interazioni sempre più digitali per i cittadini. In Italia abbiamo una squadra dedicata alla trasformazione digitale della PA che coinvolge anche il nostro ecosistema di partner. Sia nella progettazione sia nei servizi e sia nel team di canale abbiamo acquisito una grossa expertise che mettiamo a disposizione dei nostri clienti. È un lavoro di squadra e solo così si vince la partita delle digital transformation.

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