Aiutare i medici e i ricercatori scientifici sia nella catalogazione sia nella condivisione dei genomi studiati nella lotta contro il cancro, attraverso un sistema che permette l’aggregazione di innumerevoli quantità di informazioni, lo scambio di dati e la collaborazione tra diversi istituti. Tutto questo sfruttando una base hardware fondata proprio sulle soluzioni di Intel, l’azienda che ha annunciato lo sviluppo di una nuova piattaforma software.
Denominata “Collaborative cancer cloud”, rappresenta “la soluzione più rapida, economica e personalizzata per i pazienti, consentendo l’analisi di una grande mole di dati provenienti dai siti di tutto il mondo”, illustra Eric Dishman, general manager Intel della divisione Health and life sciences. L’obiettivo del progetto – che ha il supporto di Oregon health and science university e non diventerà operativo prima del 2016 – “è quello di responsabilizzare ricercatori e medici nel sostegno di pazienti che necessitano di un piano di trattamento mirato. In che modo? Permettendo la condivisione nel giro di 24 ore (e prevediamo che entro il 2020 questo avverrà), tra istituti e centri oncologici, di ricerche mediche e dati clinici. Nel rispetto della privacy e tutelando la sicurezza”, riprende Dishman.
Dati che spaziano dalle informazioni genetiche allo stile di vita fino all’ambiente nel quale il paziente vive. Dunque Intel scende in campo attivamente con una sua piattaforma cloud nella lotta al cancro. Ma non è di certo il primo, grande gruppo a voler entrare nell’universo della sanità e della salute, dove tecnologia e ricerca camminano a braccetto fornendo nuovi strumenti hardware.
Pochi giorni fa Sony ha presentato il nuovo Smartband 2, la seconda generazione del braccialetto life–logging della casa giapponese, con l’intento – stando alle parole di Kaz Tajima, senior vice president di Sony mobile communications – “di assegnare ai consumatori uno strumento all’avanguardia per fornire dati approfonditi sul proprio stato di salute”.
Ma in questo ambito il riferimento ultimo per molti addetti ai lavori rimane sempre Apple, che lo scorso marzo ha lanciato Research kit, la piattaforma open source che permette alla ricerca medica di assoldare volontari per semplici test che è possibile svolgere a contatto con il proprio smartphone: i dati sono raccolti (con la promessa di massima tutela della privacy), filtrati e giungono ai ricercatori senza passare per l’azienda fondata da Steve Jobs. “Questa è l’occasione per lavorare sul miglioramento della salute, sfruttando una tecnologia che è già parte della nostra vita quotidiana», le parole di Ann Partridge, medico senior del Dana-Farber, istituto statunitense che ha ideato una applicazione dedicata alle donne che hanno ricevuto una diagnosi di cancro al seno.