Il laboratorio va nella nuvola. Un gruppo di startup della Silicon Valley sta lavorando per ridurre in maniera radicale il costo della ricerca pre-clinica mettendo gli esperimenti e la ricerca biotech nel cloud. L’utilizzo di software che simulano gli esperimenti viene potenziato grazie all’utilizzo delle risorse di calcolo remoto e la conseguenza, scrive il Wall Street Journal, è che in pochi anni costruire gli esperimenti dei laboratori scientifici potrebbero diventare semplici come fare shopping online. Ma le novità non si fermano qui.
Gli scienziati al lavoro su questo tipo di attività non stanno utilizzando solo i sistemi di cloud computing per avere accesso a risorse di calcolo che non potrebbero avere nel laboratorio di ricerca virtuale di un datacenter aziendale. In più, infatti, c’è anche l’attività di ricerca che viene resa automatica con l’ausilio di robot e di strumenti automatici, di fatto esternalizzando anche la parte “wet” dei lavoratori e utilizzando il concetto del “as a service” per ottenere i risultati: gli scienziati possono selezionare il tipo di esperimento e il laboratorio altamente robotizzano (a basso costo di personale specializzato) fornisce il risultato on demand, senza bisogno di pagare le spese di costruzione, avvio e manutenzione della struttura.
Gli esempi raccolti sono vari: da DNA2.0, azienda di Menlo Park che permette di fare ricerca utilizzando il cloud come console di comando e i suoi laboratori come terminali fisici nei quali i clienti non devono entrare in contatto. In un massimo di cinque giorni arriva la sequenza del cloud. Invece Transcriptic permette di fare lo stesso tipo di operazione più volte basandosi su un costo mensile. Mentre Emerald Therapeutics permette di fare 41 differenti tipi di esperimenti di natura biochimica e medicale.
L’idea è che chiunque abbia una carta di credito, un accesso a internet e a uno spedizioniere possa fare tutti gli esperimenti di cui ha bisogno. Questo potrebbe potenzialmente trasformare in maniera radicale la ricerca biomedicale rendendo molto più economico per le startup l’accesso alle costose tecnologie di laboratorio e ai software per la gestione degli esperimenti.
Secondo il Wall Street Journal, che nota anche la vicinanza e prossimità fisica delle aziende che forniscono questo tipo di servizi nella Silicon Valley (si trovano tutte a poche centinaia di metri l’una dall’altra), il successo di questo modello di business nel settore biomedicale è tutto da dimostrare. Però è un inizio di trasformazione le cui implicazioni secondo gli analisti sono potenzialmente enormi. La barriera all’entrata delle startup che fanno ricerca biomedicale su DNA, virus, cancro, HIV e altri tipi di tematiche analoghe è di almeno un milione di dollari per poter partire senza contare il continuo bisogno di rinnovare gli impianti e i macchinari di analisi e test. La nascita di un mercato di “lab nel cloud” potrebbe cambiare tutto.