IL PROTAGONISTA

Cnr, l’era Nicolais si apre in nome dell’Ict

Dematerializzazione e sburocratizzazione, il nuovo presidente scommette sul ruolo delle nuove tecnologie: “Daremo il nostro contributo in termini di idee e competenze per l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda digitale”

Pubblicato il 02 Apr 2012

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Semplificare norme, procedure, favorire la trasparenza, la valutazione, il merito. Ma anche adottare massivamente le tecnologie Ict per sbrocratizzare i processi e spingere l’innovazione. E contribuire in maniera determinante al progetto di Agenda digitale italiana. Questa la “mission” del nuovo presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Luigi Nicolais.
L’ex ministro della Funzione Pubblica e dell’Innovazione del secondo governo Prodi (2006-2008) ha assunto l’incarico di numero uno del Cnr a metà febbraio. E sin da subito ha mostrato chiaro il suo intento di “rivoluzionare” il Cnr, valorizzandone le competenze e facendo leva sul contributo essenziale delle tecnologie Ict in qualità di strumenti indispensabili in particolare per dematerializzare la “macchina” e renderla più snella ed efficiente.
Dal Cnr al Cnr: un ritorno “a casa” dopo un lungo percorso che l’ha portata negli anni a ricoprire incarichi di alto prestigio. Ha dichiarato di voler ricostruire l’immagine del Cnr. In che modo porterà avanti questo obiettivo?
Ho iniziato a lavorare ufficialmente al Cnr nel 1969 come ricercatore al Laboratorio di Ricerche su Tecnologia dei Polimeri e Reologia di Arco Felice. Allora il Paese, nonostante le difficoltà politiche ed economiche, riponeva molta fiducia e speranza nella ricerca pubblica: nei ricercatori prevaleva creatività e ottimismo; le imprese avevano interesse ad acquisire nuove conoscenze e tecnologie; il sistema delle regole, poi, per quanto già da allora mostrasse vincoli e pesantezze, permetteva libertà d’azione e decisioni rapide. Nel corso degli anni, mentre professionalmente attraversavo Cnr, Università, Imprese, Amministrazioni, ho registrato, e anche subito, la progressiva burocratizzazione della ricerca, la sua perdita di legittimità sociale, l’allontanarsi delle imprese dall’innovazione di prodotto perché attratte dai vantaggi della delocalizzazione, dell’abbattimento dei costi e da una economia di finanza. Da qui parte la mia idea di ricostruire l’immagine del Cnr. Mi piacerebbe che nei ricercatori ritornasse l’orgoglio dell’appartenenza, che attorno al loro lavoro si ricostruisse un clima di fiducia e aspettativa sociale tale da, anche in periodi di tagli e crisi, mantenere attivo e positivo il flusso dei finanziamenti pubblici e privati. Ma soprattutto vorrei cercare di semplificare norme, procedure, favorire la trasparenza, la valutazione, il merito. Chi fa ricerca deve essere contento, sereno. Deve poter lavorare in ambienti cooperativi e stimolanti, capaci di tutelare e valorizzare i talenti, le idee, il merito. Sono anche questi i fattori attrattivi del mestiere, non lo sono certo i tempi di stabilizzazione o gli stipendi: chi sceglie la ricerca lo fa perché ci crede, perché ha un sogno da realizzare.
Nuove tecnologie e informatizzazione per spingere l’efficienza. Cosa ha in mente? Quale sarà il ruolo dell’Ict nel dettaglio?
Vorrei iniziare con lo sfatare un luogo comune. Senza una visione di sistema e di lungo periodo, senza un radicale cambio culturale, normativo e procedimentale, senza la partecipazione e la volontà al cambiamento dei tanti lavoratori della conoscenza, non potrà esserci né rivoluzione tecnologica, né miracolo informatico capace di trasformare radicalmente la struttura. Le tecnologie Ict sono un potentissimo strumento a servizio di un’idea, di un corpo, di cui rappresentano arterie e vene e come tali sono irrinunciabili, ma da sole sono insufficienti. Occorre ripensare e reingegnerizzare interi processi, sistemi, adottare nuovi comportamenti organizzativi e lavorativi. Tutto questo però va sviluppato in modo nuovo e originale. In altre parole dobbiamo assumere nuovi modi di pensare e di lavorare. Le nuove tecnologie ci aiutano nel cambiamento accelerandone gli effetti. Hanno poi una straordinaria capacità pervasiva e diffusiva che incide sul pensare e fare. Adottare massivamente le tecnologie Ict significa ridurre e semplificare le procedure; condividere le informazioni; tracciare gli atti, definire una filiera trasparente di responsabilità, monitorare e valutare, mappare le competenze, creare opportunità di divulgazione e conoscenza, ma anche aggredire le rendite di posizione, limitare gli impaludamenti, i tempi morti, l’eccessiva personalizzazione del lavoro. Credo che una buona visione coniugata alle opportunità informatiche, all’entusiasmo e alla volontà del personale potrebbero cambiare radicalmente il Cnr. Personalmente sono fiducioso e ottimista, sono convinto che insieme ci riusciremo e ciascuno per la sua parte avrà soddisfazioni e riconoscimenti.
Da ex ministro dell’Innovazione cosa porterà in dote al Cnr? Il Cnr è molto impegnato sul fronte dell’Ict e sono numerose le iniziative in campo per promuovere l’innovazione, in particolare sul fronte del Future Internet. La squadra dei ricercatori italiani ha le giuste competenze per contribuire all’evoluzione del Web a livello mondiale?
L’esperienza ministeriale mi è stata utile per comprendere le ragioni dei tempi morti nella Pubblica amministrazione, e capire anche i motivi di malessere e frustrazione che circola nelle amministrazioni pubbliche. Ma anche per maturare la consapevolezza che cambiare è sempre e ovunque possibile nonostante le resistenze e le paure iniziali.
L’impegno del Cnr sul Future internet – principalmente attraverso il Dipartimento Ict e l’Istituto di Informatica e Telematica – è davvero molto significativo sia perché affronta con assoluta padronanza tecnologica e scientifica temi caldi di vastissimo interesse, sia perché stressa la capacità predittiva propria della ricerca di anticipare i cambiamenti per comprenderne le opportunità di governo e di superamento delle criticità. Non ho nessuna riserva né dubbi sulle competenze e sulla creatività dei ricercatori italiani. Anzi credo che per sensibilità culturale e ricchezza del percorso formativo possano davvero fare la differenza e marcare, in positivo, la distanza con altre realtà internazionali.
Il governo Monti sta spingendo sull’Agenda digitale. Crede che il Cnr possa dare un contributo in tal senso?
Sicuramente il Cnr darà un contributo in termini di idee e di competenze, ma non solo. Dovremo lavorare e accreditarci per diventare l’asse portante per la parte tecnico-scientifico dell’intera strategia. Ritengo che il Cnr debba essere maggiormente consapevole e orgoglioso del suo ruolo proponendosi come uno degli interlocutori chiave in tutte le politiche di innovazione. La marginalità, l’attesa, il ritagliarsi piccoli spazi d’azione non mi sembrano posizioni responsabili, né credo esprimano la volontà dei ricercatori o dell’attuale Governo, per questo sono molto fiducioso. È importante che a partire proprio da questi temi così ampi – come l’Agenda digitale – il Cnr sia disponibile a mettersi in gioco con le sue specificità, le sue capacità relazionali di intercettare e far interagire saperi, competenze, relatà scientifiche e sistemi produttivi, proponendo progetti, sostenendo scelte tecnologiche e infrastrutturali tali da recuperare i ritardi accumulati.
Quali sono secondo lei le leve su cui bisogna fare forza per spingere la digitalizzazione italiana?
Le opportunità di accesso e crescita sono numerose, propongo di aggregarle in tre macro blocchi: infrastrutture, servizi, persone. Senza alcuna pretesa di esaustività colloco nel primo blocco lo sviluppo di reti di nuova generazione, la copertura dell’intero territorio con la banda larga, gli investimenti in IT e la connettività in banda larga delle imprese, la disponibilità, soprattutto nei luoghi di aggregazione, di hot-spot gratuiti.
Nel secondo lo switch-off dal cartaceo, la riorganizzazione della Pubblica amministrazione, il potenziamento dell’e-commerce, l’e-banking, l’editoria elettronica. Nel terzo l’IT per Sanità, Giustizia, Scuola; l’internet sociale; l’alfabetizzazione digitale. Va da sé però che tutte le potenziali leve vanno governate e coordinate per evitare quell’innovazione a macchia di leopardo che amplificherebbe gli effetti negativi del divario digitale.

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