Sarà Stefano Firpo il Capo di gabinetto del ministro per la Transizione digitale Vittorio Colao. Finora direttore generale di Mediocredito italiano, Firpo per sette anni ha ricoperto ruoli centrali nelle politiche per l’innovazione al Mise. Al ministero dello Sviluppo economico è stato chiamato nel 2012 dall’allora ministro Corrado Passera: è stato prima coordinatore della task force per l’innovazione, da cui ha preso forma la legge sulle startup innovative; con Carlo Calenda, ha coordinato il Piano Industria 4.0 per poi passare alla direzione generale per la politica industriale, la competitività e le Pmi. Nel 2019 ha lasciato il Mise per andare a ricoprire la carica di dg in Mediocredito (gruppo Intesa San Paolo).
Qualche settimana fa Firpo, in un lungo intervento su Il Foglio, ha spiegato i punti deboli del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano sul tema del digitale: la mancanza di investimenti mirati e riforme capaci di imprimere un cambiamento per imprese, famiglie e pubblica amministrazione .
“Il Pnrr, nella sua attuale versione, ha il merito di dedicare molte risorse al tema dell’innovazione e del digitale. Questo merito purtroppo finisce esattamente dove comincia – ha scritto il neo Capo di gabinetto di Colao – Non vi si trova delineato un quadro coerente di investimenti pubblici coadiuvato da un altrettanto coerente piano di riforme per abilitare e favorire gli investimenti privati in quest’area. Il piano si sostanzia in un insieme di numerose voci di spesa con qualche sparuto riferimento a interventi sul quadro regolatorio. Il rischio così è di produrre tanta spesa ma magri risultati, alimentando solo il nostro debito senza produrre crescita”.
Una scelta di calibro, quella di Firpo, fatta dal ministro Colao che sarebbe intenzionato a prendersi anche le deleghe alle Tlc: il che significherebbe che oltre alla presidenza del Cobul, che già gli spetta, avrebbe in capo anche il dossier 5G.
L’intenzione di Colao, però, non piace alla Lega che vorrebbe che le deleghe relative a banda ultralarga e 5G – il 20% dei fondi del Next Generation Eu dovranno andare alla digitalizzazione e queste due deleghe sono dunque strategiche – restino al il ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, “uomo forte” del Carroccio al governo che, tra le altre cose, si è visto scippare anche la delega all’Energia passata nelle mani del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani.
Intanto prende forma anche la task force del ministero dell’Economia che coordinerà il Recovery Plan.
Sarà Carmine Di Nuzzo, dirigente della Ragioneria generale dello Stato, a guidare la l’unità di missione del Mef che si occuperà di monitoraggio, rendicontazione puntuale degli investimenti programmati, come prevede la legge di bilancio 2021, ma anche compiti di coordinamento e raccordo che non saranno limitati al Mef, ma saranno estesi all’intero governo.
Di Nuzzo sarà dunque “Mister Recovery”, una sorta di general manager del Piano, che sarà perno del del confronto con gli altri ministeri per la predisposizione e attuazione del Recovery.
Secondo Il Sole 24 Ore, a scegliere Di Nuzzo è stato il ministro dell’Economia, Daniele Franco e la nomina dovrebbe arrivare a giorni, se non a ore.
Fedelissimo del ministro, fin dai tempi in cui Franco era Ragioniere generale a Via Venti Settembre, Di Nuzzo è stato in passato a capo dell’Igrue, l’Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea, dove ha anche diretto il progetto di definizione del sistema informativo a supporto della gestione finanziaria della Ragioneria.