Sulle pagine di questa rubrica si è più volte parlato di green building e smart mobility, spesso a proposito del basso impatto sull’ambiente delle nuove forme di abitazione e mobilità che si vanno introducendo nei territori urbani: tali tendenze evolutive puntano a ridurre le emissioni di Co2 attraverso l’applicazione di principi progettuali ed accorgimenti tecnici in grado di migliorare le prestazioni di un dato manufatto.
La componente tecnologica è però solo un aspetto dell’evoluzione sostenibile su cui si basano le Smart City; vi è una componente comportamentale altrettanto rilevante ai fini dell’individuazione delle aree suscettibili di futuri miglioramenti. Come intuito dalla riflessione ambientalista, piccole modifiche alle nostre abitudini quotidiane possono avere impatti enormi sulla quantità di Co2 introdotta nell’atmosfera: chiudere il rubinetto dell’acqua tra una spazzolata di denti e l’altra, spegnere i dispositivi che altrimenti resterebbero in stand-by, scegliere il treno in luogo del mezzo privato per lunghi spostamenti, sono solo alcune delle condotte virtuose indicate nel tempo da organizzazioni più o meno grandi per ridurre l’inquinamento generato dagli individui. L’abuso del mezzo di trasporto privato per spostarsi in città, comportamento deteriore molto diffuso nel nostro paese, è responsabile dell’immissione di tonnellate di gas e polveri nell’atmosfera; la progressiva concentrazione degli esercizi commerciali in aree ristrette (centri cittadini e mall) genera un volume elevato di spostamenti di veicoli che trasportano quantità di merce molto ridotta, con conseguenze prevedibili in termini di emissioni e qualità della vita.
Nel grande dibattito sulla sostenibilità ambientale di Internet emergono posizioni opposte in merito alla capacità del commercio elettronico di ridurre l’uso dell’automobile: se da un lato si mettono in evidenza i lunghi spostamenti delle merci acquistate online, dall’altro vi è una crescente attenzione verso iniziative come AmazonFresh, in sperimentazione dal 2007 nell’area di Seattle. Il servizio di consegne a domicilio di prodotti freschi lanciato dal gigante dell’e-commerce dei libri, è informato – come gran parte delle attività dell’azienda – dall’aderenza al principio del Kaizen nipponico, filosofia dell’efficienza e del miglioramento continuo. Amazon punta a trasferire alla distribuzione di prodotti freschi il modello di successo applicato alla vendita di libri in tutto il mondo: una disposizione intelligente dei carichi e delle merci permette di ridurre del 20% (secondo dati diffusi dalla stessa azienda) l’ingombro di ciascuna consegna, e consente di ridurre il consumo di carburante di più di 100mila litri all’anno, con risparmi che ammontano a circa 3 milioni di dollari.
Efficienze di questo tipo sono alla base di due ricerche – portate avanti in parallelo dalla Carnegie Mellon University e dalla società statunitense di consulenza Cooler (per conto di eBay) – che indicano proprio il commercio elettronico come possibile via per ridurre l’impatto sull’ambiente degli acquisti effettuati quotidianamente. Nell’ambito di una più ampia riflessione sui vantaggi della distribuzione digitale di musica rispetto a quella su cd, la ricerca della Cmu attribuisce al trasporto individuale ben il 65% delle emissioni legate all’acquisto presso i retail store. Cooler, viceversa, mette in evidenza i significativi risparmi della dematerializzazione del punto vendita attuata da alcuni distributori online. Per dare un ordine di grandezza delle riduzioni prospettate, la ricerca prende ad esempio un’ipotetica catena di punti vendita con fatturato nell’ordine dei 100 milioni di dollari annui: l’effetto combinato dei minori consumi e delle minori esigenze logistiche porterebbe all’abbattimento di ben 1.400 tonnellate di Co2, sempre su base annua.
L’e-commerce è quindi da considerarsi come miracoloso antidoto al caos del traffico cittadino? Sussistono valutazioni di buon senso che portano a depennare l’approccio assolutistico portato avanti dalle due ricerche menzionate e che meritano – a nostro parere – futuri approfondimenti. Cmu, Amazon e Cooler tendono a sottovalutare gli effetti positivi dell’evoluzione della smart mobility, sorvolando, per altro verso, sui consumi dei data center che danno vita ad Internet. La disintermediazione dei punti vendita rischia infine di accentuare la tendenza all’impoverimento della vita sociale cittadina, intesa come esperienza condivisa degli spazi cittadini.