“Grazie ai Big data, e alle connessioni sempre più performanti ed efficaci che abbiamo e avremo a disposizione, stiamo lavorando in collaborazione con il Cineca di Bologna a un algoritmo che ci permetta di analizzare le informazioni inviate dalle auto connesse e prevederne i guasti, mettendo insieme tutti i ‘segnali premonitori’ che possono avvisare dell’arrivo di un problema meccanico o elettronico. Una sorta di “mappatura genetica” dei veicoli, che servirà per stabilire quando sono ‘malati’, con importanti risparmi di tempo ed economici per i clienti e nuovi vantaggi per i riparatori”. A illustrare a CorCom l’ultima frontiera tecnologica esplorata da Texa (Tecnologie elettroniche x l’automnotive), azienda trevigiana nata nel 1992, è business development director e cofondatore Manuele Cavalli.
Cavalli, come è cambiato il vostro mercato di riferimento nell’arco di questi 24 anni?
Sono convinto che una delle principali cause del successo di Texa dipenda dal momento storico in cui è nata, quello del passaggio nel mondo dell’automobile dalla pura meccanica all’inserimento di alcune componenti elettroniche. Abbiamo recepito l’esigenza del mercato di strumenti che potessero sopperire anche alla mancanza di conoscenza da parte del meccanico. Abbiamo cavalcato quest’onda con soluzioni che fino al allora non erano mai state utilizzate: siamo stati i primi a portare un pc nell’officina. Oggi però stiamo vivendo una sorta di ennesima rivoluzione nel nostro campo: dobbiamo collegare il veicolo non più a un singolo computer dentro a una sola officina, ma alla rete.
Questo è il senso dell’accordo che avete siglato con Interoute?
Oggi la centralina della diagnostica dell’automobile e gli strumenti dei meccanici che le riparano hanno sempre più bisogno di essere online, per poter contemporaneamente ricevere e fornire informazioni. Mettere a punto gli strumenti che lo rendano possibile nel modo più semplice ed efficace vuol dire rimanere al passo con i tempi e con l’innovazione. E’ ovvio che l’affidabilità delle connessioni è una discriminante in questo caso, e per questo abbiamo scelto la partnership con Interoute, le cui tecnologie ci hanno consentito di migliorare la qualità della comunicazione verso e dalle officine. Noi lavoriamo su veicoli di marche diverse, e abbiamo la necessità risolvere il problema della complessità delle comunicazioni, cercando di standardizzare i flussi di informazioni indipendentemente dai sistemi adottati dalle case produttrici.
Quanto della vostra produzione e dei vostri investimenti in R&D è legato all’Internet of Things?
Siamo ancora in una fase iniziale, complessivamente l’impegno è tra il 20 e il 30% della nostra produzione complessiva. Non tanto perché le tecnologie non siano mature, ma perché siamo nella fase in cui lo stesso cliente deve evolvere ed essere consapevole delle nuove potenzialità. In più, se prima di rivolgevamo esclusivamente ai riparatori e alle officine, ora con l’Iot e l’auto connessa possiamo accedere anche al mercato consumer, con la possibilità di fornire agli automobilisti servizi a valore aggiunto. Partendo dal principio che a volte gli stessi dati e le stesse informazioni che venivano usate per la manutenzione del veicolo possono essere utilizzati per altri fini e altri servizi, dalle previsioni del tempo alla situazione del traffico.
Fin qui l’auto connessa. E la Self driving Car?
Stiamo lavorando a rendere compatibili le nostre tecnologie anche a questa nuova prospettiva, per supportare i costruttori e garantire l’efficienza per chi dovrà riparale. Facendo crescere le competenze tecniche dei meccanici anche attraverso attività e corsi di formazione.
Si avverte nel vostro settore la mancanza di skill digitali?
Sì, su due versanti. Da una parte abbiamo difficoltà a reperire dalle scuole personale qualificato: anche per questo facciamo direttamente formazione rivolta ai ragazzi degli istituti tecnici e professionali dell’ultimo anno, con l’obiettivo di formare meccatronici. L’atro versante è quello dei meccanici, che spesso non hanno le competenze per usare le nuove tecnologie e hanno anche loro bisogno di formazione specifica. In più, al di là dell’aspetto tecnico, il loro ruolo è destinato a cambiare anche da punto di vista professionale, perché saranno gli ambasciatori verso gli automobilisti delle nuove tecnologie. Non dovranno più soltanto essere capaci di riparare i mezzi, ma anche di autopromuoversi e fidelizzare i clienti grazie nuovi servizi abilitati dall’IoT.
Ci sono tecnologie sviluppate da Texa che hanno trovato o possono trovare applicazione fuori dal settore dell’automotive?
Sì, credo sia una convergenza ovvia. Sia che vogliamo rimanere legati al mondo dell’automobile, collegando ad esempio l’”identità digitale” delle auto ai parcheggi urbani, con le sbarre che si aprono senza bisogno di abbassare il finestrino e tirare fuori il braccio; sia che vogliamo pensare a “esportare” una soluzione fuori dal contesto in cui l’abbiamo pensata. E’ il caso del monitoraggio degli estintori: ideato per le auto, il sistema può facilmente essere adattato alle abitazioni, agli uffici e agli edifici.