STANDARD

Continuità operativa, Kerr: “Ecco come prevediamo il rischio”

Parla il ceo di Bsi: “Il nuovo standard Iso 22301 contribuisce a organizzare le contromisure”

Pubblicato il 24 Giu 2012

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I casi d’interruzione della continuità operativa si verificano quotidianamente in ogni settore rispetto a problemi di ogni livello: dalla batteria scarica del cellulare che interrompe le nostre comunicazioni agli scioperi degli autotrasporti che mettono in ginocchio interi sistemi bancari. Come affrontarli? British Standard Institute (Bsi), il primo e più innovativo ente di normazione al mondo, propone una soluzione: dotarsi di regole di prevenzione.
Su questo argomento ha presentato a Milano, sotto la regia di Luigi Brusamolino, Ceo di Bsi Group Italia, il nuovo Standard Iso 22301 costruito apposta per la gestione della business continuity. Abbiamo incontrato per l’occasione Howard Kerr, Ceo del gruppo a livello mondiale.
Perché pensare alla continuità operativa?
Si può dire che il mondo sia un luogo piuttosto pericoloso. Dai grandi disastri naturali ai venti dell’economia: le aziende che operano nel moderno sistema industrializzato dipendono sempre di più da fattori globali e strettamente correlati.
Di quali rischi stiamo parlando?
Nel sistema d’impresa ne esistono di tre tipi: interni, determinati dall’azienda stessa ed esterni, spesso però imprevedibili.
E come fare?
Occorre darsi regole, specialmente le grandi organizzazioni, ed essere in grado di affrontare incidenti e situazioni che mettono a rischio il business anche quando sembra che tutto stia andando per il verso giusto. Da fattori positivi possono insorgere pericoli. Si pensi alle prossime Olimpiadi: è positivo che un grande pubblico arrivi a Londra, ma ciò aumenta anche i rischi.
Iso 22301 può aiutare a mitigarli?
Sì. È un framework, ovvero un metodo che aiuta a organizzare le contromisure, identificando i rischi, mappando i processi e assegnando le responsabilità. Forza, cioè, le organizzazioni a definire regole e a comunicarle.
Esiste un set di rischi “a catalogo” da cui difendersi?
No, ogni organizzazione è diversa e deve identificare i suoi. L’Europa non è interessata, per esempio, dagli alluvioni della Tailandia.
Un esempio di business continuity basato sullo standard Bsi?
Una multinazionale di telefonia mobile indiana ha dovuto affrontare di recente il crack finanziario di alcuni fornitori. Dovendo garantire servizi 24×7, decise di identificare gli imprevisti per il suo business e mappò anche questa eventualità, trovando subito una soluzione al problema quando si verificò.
Perché Iso 22301 pone attenzione alla supply chain?
Perché esiste sempre interdipendenza tra aziende: nel Regno Unito diciamo che sei tanto forte quanto il tuo punto più debole.
Il risk management può essere affidato all’intelligenza artificiale?
Credo che in ultima istanza ogni cosa dipenda dalle persone: organizzazione, piani e soluzioni. Il rischio non è mai strutturato…
Lo standard riguarda dunque i comportamenti?
È un modo per creare cultura aziendale. Fare business è prendersi dei rischi, ma devi anche saperli riconoscere.
Chi ci deve pensare?
I top manager, ma non solo. Gestire il rischio significa formare le persone, comunicare e fare test. Alcune aziende si abituano agli imprevisti provando, per esempio, a spegnere i telefoni per un’ora o simulando incidenti che prevedono il cambio della sede operativa, per trovare le debolezze dell’organizzazione e dire alle persone “state pronte”.
La crisi ha ridotto il business di Bsi o è un’opportunità?
Bsi continua a crescere nel mondo. È una società di qualità e abbiamo la fortuna di avere una clientela molto ampia che sta crescendo.
Quali vantaggi portano le certificazioni?
Aiutano a identificare meglio il proprio business secondo standard internazionali e indipendenti. Aumentano la reputazione d’impresa, la velocità di ripristino del business in caso di incidenti e talvolta fanno crescere anche i ricavi.
Quali settori sono più interessati?
Il mondo della finanza e le Tlc: in generale chi ha business complessi, sotto stretta osservazione dei media o soggetto a regolazione di mercato.
Qual è il maggiore problema che devono affrontare?
Soddisfare i clienti, mantenere viva la produzione, avere una supply chain che funziona… In una parola: sopravvivere.

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