L’Italia è in cinquantunesima posizione nel mondo, e si posiziona nella fascia media pur perdendo 10 posizioni rispetto all’edizione 2014, ed è diciottesima tra i paesi EU, con un punteggio di 5.6, contro gli 8.3 della Finlandia, in cima alla classifica. E’ quanto emerge dall’edizione 2015 di Ipri (International Property Rights Index), l’indice che dal 2007 misura con uno studio comparato, la diffusione dei sistemi di tutela in materia di diritti di proprietà (fisica ed intellettuale). La ricerca è prodotta dalla Property Right Alliance di Washington DC, insieme alla Hernando De Soto Fellowship, con la partecipazione di oltre 92 organizzazioni tra cui Competere.eu.
“A pesare sul nostro paese – spiega un comunicato – è l’incertezza del sistema giudiziario che nell’ultimo anno è crollato da 1.2 a 4.2. Altri parametri sono rimasti identici al 2014, come la stabilità politica e il livello della corruzione. L’accesso al credito è invece diminuito da 1.3 a 1. E’ aumentato il livello della pirateria mentre la protezione dei brevetti è rimasta invariata. La nota positiva arriva invece dal numero dei brevetti e marchi registrati”.
La ricerca, messa a punto dal prof Sary Levy-Carciente, ha coinvolto 129 Paesi che rappresentano complessivamente il 99% del Pil mondiale e il 94% della popolazione mondiale. In particolare, questa edizione contiene uno studio di Giammarco Brenelli, avvocato e advisor di Competere, sul rapporto tra moda e proprietà nell’era della globalizzazione dei mercati.
“I risultati di Ipri dimostrano chiaramente come i paesi che più tutelano la proprietà sono anche quelli che crescono più stabilmente, sono più competitivi e producono maggiore innovazione – continua il comunicato – Non a caso la ricerca Ipri mette in evidenza quanto sia grande la sperequazione economica tra Paesi dove il diritto di proprietà è particolarmente tutelato e quelli nei quali è totalmente assente. Nazioni nel quintile più alto della ricerca IPRI come Finlandia, Norvegia e Nuova Zelanda godono di un PIL medio pro capite nazionale di $ 44,542.82; le nazioni nel secondo quintile hanno un PIL medio pro capite di $ 23,786.34. Le medie registrate nel terzo, quarto, e quinto quintile sono rispettivamente pari a $ 11,086.53, $ 3,377.99 e $ 1,880.94. Scendono di qualche punto gli Stati Uniti”.
Secondo Pietro Paganini, Curiosity Officer di Competere, “Ipri è uno strumento utilissimo per le imprese e le istituzioni perché ci dimostra il legame tra tutela della proprietà e innovazione. L’Italia ha fatto molto negli ultimi anni, favorendo la registrazione di brevetti e aumentano il livello di protezione. Tuttavia, alcuni fattori, come le gravi distorsioni del sistema giustizia, non favoriscono la proprietà, piuttosto la allontanano. Non a caso altri paesi hanno programmi ad hoc per attirare chi crea brevetti”.
“IPRI 2015 sottolinea la necessità di investire sui diritti di proprietà perché determinanti al fine della creazione di un mercato libero e per guidare la crescita economica – afferma Lorenzo Montanari, direttore esecutivo dell’Alliance sui diritti di proprietà – Nondimeno è necessario prendere atto che i diritti di proprietà sono prima di tutto una questione di diritti umani. Infatti i diritti di proprietà sono direttamente legati ai valori e ai principi della libertà individuale”.