L’articolo 4 del Decreto Bondi sulla copia privata, che riguarda le esenzioni ex ante per l’equo compenso, la contrattazione esclusiva da parte della Siae e i rimborsi ex post, sono “contrari” al diritto Ue. Lo ha stabilito con una sentenza la Corte di giustizia Ue, che ha ripreso le conclusioni dell’avvocatura generale del maggio scorso.
Immediata la replica della Siae: “Pronti ad adeguare immediatamente l’attività alle eventuali disposizioni che il ministero vorrà adottare in materia, così come è pronta ad adeguarsi alle decisioni che il Consiglio di Stato vorrà adottare in ragione dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia”.
Promuove la decisione a pieni voti Confindustria digitale, il presidente Elio Catania: “Grande soddisfazione per la sentenza che conferma definitivamente l’illegittimità del pagamento del compenso per copia privata per gli usi professionali da parte di produttori ed importatori. Abbiamo denunciato, fin dall’emanazione del decreto Bondi la contrarietà al diritto comunitario delle norme italiane che disciplinano il compenso per copia privata sugli usi professionali”. E prosegue: “Ora auspichiamo che la nuova regolamentazione recepisca integralmente le indicazioni e che le aziende siano prontamente risarcite per quanto indebitamente versato oggi”.
I giudici di Lussemburgo hanno quindi dato ragione a Nokia (cui è subentrata Microsoft), Hewlett-Packard, Telecom Italia, Samsung, Dell, Fastweb, Sony e Wind, che avevano presentato ricorso al Tar del Lazio contro la legislazione italiana del 2009 sugli aspetti relativi all’“equo compenso per copia privata“, ovvero un indennizzo forfettario garantito agli autori a carico delle società produttrici o distributrici degli apparecchi elettronici che consentono la registrazione di audio e video per uso privato.
Per la Corte tre sono gli aspetti incompatibili con la direttiva Ue in materia.
Primo: la sottoposizione al sistema dell’equo compenso anche in ambito di fornitura a professionisti del settore audiovisivo per cui ci dovrebbe invece essere un’esenzione automatica e a priori, che però è inesistente nell’attuale sistema italiano.
Secondo: “appare ancora piu’ contraddittorio”, sottolineano i giudici Ue, e “in particolare rispetto al principio di parita’ di trattamento”, che la scelta dell’applicazione delle esenzioni sia “frutto di una negoziazione sostanzialmente privatistica in mano alla Siae, regolata esclusivamente dalla Siae stessa e senza che una legislazione precisa disciplini il procedimento e indichi i criteri da seguire”. Di conseguenza questo tipo di procedura “rischia verosimilmente di condurre a trattamenti diseguali”.
Terzo: sul rimborso ex post la Corte chiarisce che questo “puo’ costituire, in astratto, un’alternativa all’esenzione ex ante e puo’ essere generalmente previsto a favore dei soli utilizzatori finali”, ma “questa limitazione non e’ possibile in un sistema che non prevede un esonero ex ante per i produttori, importatori o distributori che forniscono i propri macchinari a soggetti con fini manifestamente estranei alla riproduzione per uso privato”.
La Corte di Giustizia ha quindi respinto anche la domanda della Siae di limitare gli effetti nel tempo della decisione, constatando l’assenza di buona fede e ritenendo non ci siano “gravi rischi” per la Siae stessa in merito al recupero delle somme già accordate agli aventi diritto all’equo compenso.
Sempre a commento della sentenza, la Siae precisa “spiace constatare che molti commenti abbiano gridato ad una generale ‘bocciatura’ della disciplina sulla copia privata quasi augurandosene o preannunciandone una sorta di implicita abolizione, cosa che non è. La copia privata è e resta legittima, è e resta un presidio fondamentale della creatività anche in Italia e Siae proseguirà nel proprio lavoro anche in tale ambito”.