L'EDITORIALE

Copyright, non è una partita di calcio

Il dibattito sulla Riforma ha assunto toni da tifoseria. Ma la questione non è chi fa gol. Web company e autori non possono fare a meno le une degli altri. Va trovata la quadra. Inevitabilmente. O sarà un’operazione lose-lose

Pubblicato il 13 Set 2018

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Se fosse una partita di calcio, il risultato sarebbe Autori 1-Web company 0. Ma il voto dell’Europarlamento sulla riforma del copyright non mette fine al “Campionato”. Da questo momento partono i negoziati: il Consiglio Ue dovrà “ratificare”. E poi sarà la volta dei governi nazionali. Insomma è decisamente presto per stabilire cosa ne sarà davvero del “nuovo” diritto d’autore.

Ma il punto è che non si tratta di una partita di calcio. E che i toni da bar dello sport, o peggio da tifoseria agguerrita, che hanno caratterizzato la giornata del voto creando uno scontro istituzionale fra l’Italia e l’Europarlamento non solo non fanno bene al dibattito ma sviano interessi e soprattutto opportunità in ballo.

Il tema non è la libertà della Rete né la cosiddetta democrazia digitale. È un tema di diritti e anche di doveri. Di pesi e misure. Quanto vale l’opera dei professionisti dell’informazione e più in generale di coloro – autori e artisti – che rientrano sotto il cappello dei diritti in questione? E quanto le piattaforme che veicolano i contenuti, in primis Google News ma anche Facebook e Twitter (per citare i big) contribuiscono alla diffusione stessa dell’informazione e delle opere “d’autore”? I due mondi sono talmente legati l’uno all’altro che sono oramai necessari l’uno all’altro. E stabilire confini netti è di fatto impossibile nella pratica e persino nella teoria.

Innegabile il ruolo che Google e co. hanno avuto nella diffusione dell’informazione, nel dare potere di “rimbalzo” a notizie, video, opere musicali e di tutte quelle “dell’ingegno”. Innegabili i benefici sul fronte del traffico dati veicolato verso i titolari dei diritti in questione. Di contro è altrettanto innegabile l’apporto dato dal mondo degli autori a “contenitori” – a partire da Google News – che non avrebbero ragione di esistere se non ci fosse qualcuno che produce “opere”, che genera valore, e che sulle news altrui ha costruito il proprio business model. E gli stessi social network, Facebook e Twitter in pole position, sarebbero meno “appetibili” per gli utenti se dalla bacheca sparissero le notizie dell’ultim’ora, gli approfondimenti e le inchieste, i video musicali e le opere d’arte. Il tutto, naturalmente, al netto delle fake news .

La quadra, dunque, va trovata. Necessariamente. E dovrà essere win-win. Perché l’alternativa è che ci si trovi di fronte a uno scenario lose-lose.

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