INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Copyright e ChatGpt: “La sentenza sul caso NyT sarà un epocale spartiacque giuridico”

L’esito della causa segnerà un momento storico nella disciplina del diritto d’autore e sarà una bussola che orienterà le giurisprudenze anche europea e italiana. Riflettori sul fair use e sulle finalità ad uso didattico dell’AI. L’analisi dell’avvocata dello studio Rodl & Partner

Pubblicato il 22 Gen 2024

Margherita Cera

avvocata, studio internazionale Rödl & Partner

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È di grande interesse la causa che il New York Times ha intentato contro OpenAi e Microsoft per violazione copyright. Anche se il ricorso del giornale è l’ultima di una serie di azioni legali avviate per limitare la riproduzione di grandi quantitativi di contenuti su Internet senza nessuna forma di compenso, la causa del NYT è la prima di un colosso mondiale contro OpenAI e Microsoft, accusate di avere sfruttato in maniera gratuita “il massiccio investimento del NYTimes sul suo giornalismo e di usarlo per costruire prodotti sostituitivi senza permesso né pagamento”. Così si è espresso il board del New York Times che ha aggiunto “hanno copiato milioni di nostri articoli per addestrare intelligenza artificiale a competere con noi”.

Lo storico editore americano accusa le società di intelligenza artificiale di avere copiato illegalmente milioni di articoli del quotidiano per ‘addestrare’ ChatGPT ed altri servizi con lo scopo di fornire articoli ed informazioni con una tecnologia che ora compete con il Times.

Se vi state chiedendo se la vicenda avrà un’eco anche oltreoceano, quindi in Europa e in Italia, la risposta è senz’altro sì, e qui risiede parte dell’alto grado di interesse che tutto ciò porta con sé. Gli esiti di questa causa segneranno un momento storico nella disciplina del diritto d’autore e la sentenza sarà una bussola che orienterà le giurisprudenze a livello mondiale, ivi inclusa quindi anche quella europea-italiana.

La causa contribuirà infatti a chiarire la legittimità dello sfruttamento di opere tutelate dal diritto d’autore da parte dell’intelligenza artificiale. Lo sfruttamento inoltre è duplice: le opere vengono utilizzate, in un primo momento, per istruire l’intelligenza artificiale e, in un secondo momento, per creare opere derivate.

Entrando nel merito della causa, il New York Times contesta a Open AI di aver sfruttato articoli e contributi pubblicati per detti scopi, senza alcuna autorizzazione da parte dei titolari dei diritti. Open AI si è difesa invocando il fair use, ossia l’eccezione di diritto americano che permette di elaborare opere esistenti per crearne di nuove in modo legittimo, in base a una valutazione da farsi caso per caso, tenendo conto se lo sfruttamento dell’opera esistente avviene per scopi di lucro; se l’opera sfruttata è dotata di un alto gradiente di originalità; se l’opera derivata risulti una sorta di copia con minime differenze o sia effettivamente una creazione diversa.

In Europa non esiste l’eccezione di fair use, le opere tutelate da diritto d’autore possono però essere utilizzate senza l’autorizzazione del titolare dei diritti, in base alle eccezioni di citazione o parodia, nonché a fini didattici, purché l’utilizzo non arrechi un ingiustificato pregiudizio al titolare dei diritti d’autore e non sia in contrasto con il normale sfruttamento dell’opera. Quindi che si tratti di Europa o di America, sembra ci siano pochi dubbi circa il fatto che la riproduzione di opere protette da parte dell’intelligenza artificiale nell’ambito di opere derivate, che non rispettano i requisiti di legge per l’applicazione delle eccezioni e limitazioni al diritto d’autore, integri una violazione del diritto d’autore.

Risulta poi ancora più interessante la questione dell’utilizzo di contributi tutelati in fase di istruzione dell’intelligenza artificiale e quindi se tale sfruttamento integri una violazione dei diritti esclusivi dei titolari e, soprattutto se l’eccezione di utilizzo per finalità didattiche possa trovare applicazione anche laddove a ricevere istruzione sia una macchina e non un essere umano.

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