IL CDM

Copyright, Ott e social network responsabili delle violazioni. La svolta dell’Italia

Recepite anche le direttive comunitarie che regolano Tlc, Radio-Tv e Media: nuovo Testo unico dei servizi audiovisivi e Codice delle Comunicazioni elettroniche. Via anche all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico

Pubblicato il 06 Ago 2021

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Il Consiglio dei Ministri nella seduta di ieri ha adottato lo schema preliminare di decreto legislativo che recepisce la direttiva Ue 2019/79 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale. “Con il recepimento della direttiva Copyright viene rafforzata la tutela degli autori e degli artisti con norme chiare e meccanismi trasparenti e adeguati all’era digitale – sottolinea Dario Franceschini, ministro della Cultura – Nell’elaborare questo provvedimento, condiviso con tutte le realtà del settore, si è deciso di prediligere la tutela degli autori, dando loro il giusto rilievo. Senza il gesto creativo, non c’è contenuto – aggiunge – di questo bisogna tener conto lungo tutta la filiera del settore, tanto più considerando il notevole salto tecnologico conosciuto negli ultimi anni. Il valore autoriale, così come quello degli artisti interpreti ed esecutori, deve essere difeso, anche attraverso una maggior trasparenza da parte delle piattaforme digitale dell’utilizzo dell’opera creativa”.

Il provvedimento andrà ora all’esame del Parlamento per poi arrivare all’adozione definitiva in Cdm.

Il testo che ha ottenuto l’ok del consiglio dei ministri di ieri sera, spiega il ministero in una nota, è il frutto di un intenso lavoro con il Dipartimento per l’editoria e le altre amministrazioni coinvolte, nonché di un costante dialogo con le associazioni e le rappresentanze di categoria del settore, con le quali si sono svolte una serie di audizioni a luglio.

Il senso della direttiva è di modernizzare il quadro giuridico europeo in materia di diritto d’autore, adattandolo all’ambiente digitale contemporaneo e assicurando così un elevato livello di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi, creando un quadro completo in cui il materiale protetto dal diritto d’autore, i titolari dei diritti, gli editori, i prestatori di servizi e gli utenti possano beneficiare di norme più chiare, trasparenti e adeguate all’era digitale.

La responsabilità delle piattaforme online per le violazioni del copyright. Tra le principali novità introdotte dal decreto c’è il fatto che le piattaforme online, social media compresi, quando concedono l’accesso al pubblico a opere protette dal diritto d’autore caricate dai loro utenti, hanno l’obbligo di ottenere un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti. Una misura che vale con con l’esclusione di enciclopedie online, repertori didattici e scientifici, prestatori di mercati online e servizi cloud.

Il diritto d’autore per le pubblicazioni giornalistiche online. Si tratta in questo caso di un nuovo diritto connesso a favore degli editori dei giornali per l’utilizzo online dei loro contenuti da parte dei prestatori di servizi delle società dell’informazione, delle società di monitoraggio media e rassegne stampa. La norma riconosce agli editori la possibilità di negoziare accordi con questi soggetti per vedersi riconosciuta un’equa remunerazione per l’utilizzo dei contenuti da loro prodotti. La direttiva prevede anche il diritto degli autori dei contenuti giornalistici a ricevere una quota dei proventi attribuiti agli editori. Il diritto non è riconosciuto né in caso di utilizzi privati o non commerciali di pubblicazioni giornalistiche da parte di singoli utilizzatori, né in caso di collegamenti ipertestuali o di utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi. Sarà Agcom a dover varare un regolamento che individuerà i criteri per la determinazione dell’equo compenso e orienterà la negoziazione tra le parti. In questo quadro i prestatori di servizi online avranno l’obbligo di mettere a disposizione alla parte interessata ogni dato idoneo a determinare la misura dell’equo compenso, pena una sanzione amministrativa fino all’1% del fatturato.

Le tutele per autori, artisti, interpreti ed esecutori.  Autori, artisti interpreti ed esecutori devono, secondo il nuovo decreto, poter ottenere regolarmente informazioni aggiornate e complete sullo sfruttamento delle loro opere dai soggetti cui hanno concesso in licenza o trasferito i diritti. Anche in questo caso la mancata comunicazione delle informazioni comporta, a carico del soggetto inadempiente, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino all’1% del fatturato. Inoltre, detto inadempimento costituisce una presunzione legale di inadeguatezza del compenso in favore dei titolari dei diritti. La norma prevede anche che gli autori possano pretendere una remunerazione ulteriore se quella inizialmente pattuita si rilevasse sproporzionatamente bassa rispetto ai proventi generati dallo sfruttamento delle loro opere. Viene inoltre introdotto il principio della remunerazione adeguata e proporzionata al valore potenziale o effettivo dei diritti concessi, oltre che commisurata ai ricavi che derivano dal loro sfruttamento. La norma estende inoltre le tutele, con gli spettacoli teatrali in streaming che vengono equiparati a opere audiovisive per la tutela dei diritti, estesa anche a nuove figure professionali come il direttore del doppiaggio e l’adattatore dei dialoghi.

Di “svolta decisiva per il mondo dell’editoria nel nostro Paese” parla Giuseppe Moles, sottosegretario all’Editoria: “E’ un risultato molto importante, il frutto del lungo lavoro svolto, in un clima di grande collaborazione, da me e dal mio Dipartimento con il ministro della Cultura Dario Franceschini e con tutti gli altri ministeri coinvolti – sottolinea – Un punto fondamentale del provvedimento riguarda il diritto degli editori a vedersi corrispondere un equo compenso da parte delle piattaforme per l’utilizzo on line dei loro contenuti giornalistici. La definizione della giusta remunerazione potrà derivare da una negoziazione tra le parti e, in caso di mancato accordo, interverrà l’Agcom. Si tratta di un principio sacrosanto in grado di ristabilire un equilibrio tra gli editori e i prestatori dei servizi online. Avremo dunque, da ora in poi, la doverosa tutela e la necessaria valorizzazione di chi crea un prodotto e nuove risorse disponibili per gli editori”.

Il recepimento della direttiva europea è stato accolto con favore dagli addetti ai lavori, come la Fimi, federazione dell’industria musicale italiana, con il Ceo Enzo Mazza che parla di un “passo fondamentale per la transizione digitale del settore dei contenuti e un punto fermo che riequilibra i rapporti tra le piattaforme e i produttori di contenuti musicali, eliminando quel deleterio value gap che ha contraddistinto questi ultimi anni di evoluzione tecnologica”.

Sul fronte della politica apprezzamento per la decisione del Consiglio dei ministri viene anche dall’opposizione, con Federico Mollicone, parlamentare di Fratelli d’Italia e capogruppo in commissione Editoria, che sottolinea come “Grazie anche agli ordini del giorno di Fdi approvati in aula sulla direttiva Copyright sarà inserito un meccanismo obbligatorio di definizione dell’equo compenso per i creatori di contenuti e gli editori, anche con possibilità di azione arbitrale, in questo caso Agcom, come avviene nei modelli di successo francese e australiano”.

Il Testo unico dei servizi media audiovisivi

Sempre nella seduta di ieri il Consiglio dei ministri ha adottato il nuovo Testo unico dei Servizi media audiovisivo, che modifica la legislazione esistente per “creare e garantire il corretto funzionamento di un mercato unico europeo per i servizi di media audiovisivi – spiega un nota di Palazzo Chigi – contribuendo allo stesso tempo alla promozione della diversità culturale e fornendo un livello adeguato di protezione dei consumatori e dei minori”. Nello specifico, il Testo unico fornisce una disciplina di tutti i media audiovisivi, per le trasmissioni televisive tradizionali, in chiaro e a pagamento, e per i servizi di media audiovisivi on demand, e per alcuni aspetti, come la protezione dei minori, delle piattaforme di condivisione video.

Il provvedimento mira a rafforzare la promozione dei contenuti europei, attraverso l’obbligo di trasmissione e investimento sui contenuti europei e nazionali: con l’innalzamento degli gli obblighi di investimento per i fornitori di servizi on demand che arriveranno progressivamente dal livello attuale fino ad arrivare al 25% nel 2025. Il testo inoltre aggiorna le regole per la tutela del pluralismo, “sull’onda della vicenda Mediaset-Vivandi e la seguente sentenza della Corte di giustizia”. “È stato introdotto un meccanismo di tutela del pluralismo in cui non vi sono più posizioni di mercato vietate al raggiungimento di una certa quota di mercato – spiega il comunicato – Tali soglie di mercato rappresentano adesso solamente indicatori di una possibile lesione del pluralismo. Al raggiungimento di tali soglie l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni effettuerà un’approfondita istruttoria per verificare se via siano lesioni del pluralismo. Infine il testo prevede l’incremento della flessibilità dei limiti di affollamento pubblicitari.

Il codice delle comunicazioni elettroniche

Il provvedimento adottato dal Cdm definisce un quadro regolatorio armonizzato nel mercato europeo nel settore delle telecomunicazioni, per promuovere la concorrenza nel settore e la tutela dei consumatori. La principale modifica del Codice rispetto alla legislazione vigente, spiega la nota, è l’inclusione della promozione degli investimenti in reti, fisse e mobili, ad altissima velocità come un obiettivo primario della regolazione. “In linea con questo obiettivo il decreto legislativo mira ad una forte riduzione dei costi di investimento – spiega il comunicato – sia semplificando le procedure amministrative di autorizzazione all’installazione di reti e infrastrutture di comunicazioni elettroniche sia dando incentivi alla cooperazione e sinergie fra operatori”.

L’apertura dei dati e il riutilizzo delle informazioni del settore pubblico

 La decisione è stata adottata in attuazione della direttiva 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio. Sulla base del principio che il riutilizzo dei dati pubblici deve essere gratuito, l’obiettivo del provvedimento è di aumentare l’offerta di dati pubblici a fini di riutilizzo, estesa anche ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici. La norma punta a rendere disponibili dati dinamici in tempo reale dopo la raccolta, e di set di dati con un impatto economico particolarmente elevato tramite interfacce di application programming interfaces) adeguate. Dove necessario il provvedimento si occupa anche di mettere le basi per la definizione delle tariffe secondo il criterio del costo marginale del servizio reso, maggiorato di un utile ragionevole sugli investimenti, e introduce misure di contenimento di nuove forme di accordi di esclusiva o disposizioni limitative della possibilità di riutilizzo dei dati pubblici.

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