Non era la prima volta che s’intravvedeva un commissario europeo tra i divi e le paillettes del festival di Cannes. Ma la presenza sulla Croisette di Günther Oettinger (nella foto) lo scorso 17 maggio ha fatto in un colpo più notizia di tutte le fugaci apparizioni dei suoi predecessori messe insieme. Perfino la stampa cinematografica ha dedicato ampio spazio alla visita del responsabile comunitario agli affari digitali. Non di certo per una questione di notorietà. Oettinger è volato, infatti, in Costa Azzurra per una delicata missione diplomatica: tentare di spegnere gli ultimi focolai della rivolta divampata tra i ranghi dell’industria del cinema europeo da quando la Commissione ha annunciato una robusta riforma delle regole europee sul copyright.
Produttori, distributori e cineasti hanno negli ultimi mesi moltiplicato le denunce pubbliche nei confronti dell’iniziativa, che rappresenta la pietra angolare della Strategia per il Mercato unico digitale, accusandola di mettere a rischio consolidati modelli di business. E non si tratta di una levata di scudi isolata. Al contrario, illustra alla perfezione quanto in Europa il tema della proprietà intellettuale rimanga divisivo, nonché accerchiato da una moltitudine di interessi contrastanti pronti ad affilare le armi. Scadenzario alla mano, l’aggiornamento della legislazione sul copyright sarà il primo vero banco di prova per l’unione digitale. Ma potrebbe anche rivelarsi il più ostico. Per questo motivo, a dispetto degli slanci retorici e delle promesse dei mesi scorsi, la Commissione ha deciso per ora di giocare un profilo basso. Fin troppo basso a detta dei critici, secondo cui nell’ultima versione della Strategia il piano di riforma del diritto d’autore sarebbe stato sostanzialmente annacquato. Resta in piedi l’obiettivo di ridurre le differenze tra i regimi di copyright nazionali e di adattare la normativa vigente (che poggia su una direttiva del 2001) all’evoluzione digitale.
La Strategia riporta l’impegno a garantire la portabilità dei contenuti acquistati legalmente e a facilitare l’accesso transfrontaliero ai servizi e contenuti (soprattutto digitali) nella Ue. Bruxelles si è anche prefissa di rendere più uniforme il sistema delle eccezioni per scopi di ricerca e d’istruzioni, o quelle di cui beneficiano ad esempio biblioteche e archivi. E vuole procedere a una disamina approfondita delle norme che disciplinano l’utilizzo da parte dei cosiddetti intermediari di contenuti protetti da diritto d’autore: azione fortemente sollecitata da Oettinger volta in particolare a verificare se la zona grigia in cui si muovono le piattaforme online (come Google News) debba essere sottoposta a regole più chiare.
Ma non sono poche le aree che restano per ora fuori dal campo d’intervento. “Ad esempio – riassume il saggista Glyn Moody – il rafforzamento dei diritti degli autori, l’armonizzazione dei limiti di durata del copyright, l’obbligatorietà delle eccezioni, o l’esplicita autorizzazione a citare contenuti protetti”. Per non parlare dell’agognata istituzione di una licenza paneuropea. Durissimo il commento di Julia Reda, eurodeputata del Partito Pirata che ha diretto i lavori preliminari di Strasburgo sulla revisione del diritto d’autore: “L’ambizione di abbattere i silos nazionali ha lasciato il posto al mercato della politica. La Commissione sta facendo un errore enorme nel cedere alle pressioni dell’industria”. Polemiche anche sulla abolizione del geo-blocking, che Ansip ha voluto issare a misura “portabandiera” della Strategia. La Commissione sembra aver accantonato la prospettiva di un’eliminazione completa delle barriere che limitano l’accesso ai contenuti digitali a seconda del paese di residenza, ma la circoscrive ai casi in cui è “ingiustificata”. Di fatto tenendola in vita.