Così gli analytics aiutano le banche a mitigare il rischio

L’analisi dei flussi dei dati e la rivisitazione dei processi e dei modelli organizzativi possono sostenere le banche con efficacia

Pubblicato il 16 Gen 2017

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Quali sono i settori del risk management in cui gli analytics possono sostenere con maggiore efficacia le banche nei continui processi di trasformazione che gli istituti devono affrontare per soddisfare i requisiti normativi e mantenere il proprio vantaggio competitivo in uno scenario caratterizzato dall’ingresso di nuovi player e da crescenti complessità gestionali? La mitigazione del rischio, nelle sue molteplici declinazioni, è il terreno d’elezione per generare valore attraverso l’analisi dei flussi dei dati e la rivisitazione dei processi e dei modelli organizzativi in funzione di indicazioni sempre più raffinate. E a seconda del tipo di organizzazione e dei business di cui si parla, la priorità strategica può andare dall’analisi di mercato alla valutazione dell’affidabilità dei debitori, dalla compliance normativa ai rischi legati a investimenti e operazioni di trading, senza naturalmente dimenticare le frodi e gli eventi – considerati fino a pochissimo tempo fa – imponderabili.

L’introduzione dei Big data nelle operazioni HTF (High Frequency Trading), per esempio, sta permettendo di rendere più intelligenti i processi di compravendita di azioni basati sugli algoritmi che automatizzano le operazioni grazie all’uso di serie statistiche storiche. Aggiungendo informazioni ricavate in real time dalla correlazione di dati esterni e contingenti, e implementandole nei sistemi con latenze nell’ordine dei microsecondi, oggi le piattaforme possono minimizzare i rischi di perdite e aumentare i margini sui volumi.

Di respiro assai più ampio è la gestione di tutte le variabili che entrano in gioco perché una banca risulti ottemperante agli obblighi di legge. Anche se in questo caso non occorre scomodare i real time analytics, la frequenza con cui vengono aggiornati gli impianti normativi e l’estrema variabilità delle condizioni microeconomiche fanno sì che le banche debbano disporre di sistemi di monitoraggio efficaci, rapidi e flessibili che le aiutino a identificare, prevedendoli, possibili deragliamenti sotto questo profilo e prevenire sanzioni a volte molto onerose. Estendendo lo sguardo oltre il fronte regolatorio, la capacità predittiva degli analytics si rivela preziosa specialmente quando si vogliono delineare ipotesi di rischio – forse poco probabili, ma possibili – in grado di sconvolgere interi scenari. Inserire come variabile plausibile uno o più eventi di questo genere nella generazione dei processi significa mettere al sicuro l’organizzazione dai danni che ne deriverebbero in caso di accadimento. Rispetto ai rischi legati alla concessione credito, le soluzioni Big data permettono di correlare l’affidabilità dei clienti nei confronti della banca e il loro comportamento in altri contesti. Per esempio alcune banche negli Stati Uniti hanno sperimentato che la regolarità sui pagamenti nei confronti degli operatori telefonici è un indicatore piuttosto preciso della condotta di un potenziale debitore: grazie agli strumenti analitici, è possibile scandagliare le operazioni autorizzate nei confronti delle telco per autorizzare automaticamente e in tempo reale finanziamenti in base al grado di rischio riscontrato dall’analisi.

C’è infine il tema delle frodi, che pur essendo in diminuzione in termini percentuali, seguendo l’exploit dei pagamenti digitali stanno però aumentando come valore assoluto. E sono alla base non solo di potenziali perdite finanziarie, ma anche di danni di reputazione difficili da riparare. L’analisi dei dati di geolocalizzazione, dei comportamenti d’acquisto incrociati con lo storico delle transazioni spalanca nuove straordinarie possibilità di riconoscere le azioni fraudolente.

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