L’Antitrust multa GoFundMe. L’Autorità della Concorrenza e del Mercato ha chiuso il procedimento istruttorio per pratiche commerciali scorrette nei confronti della società GoFundMe Ireland e ha irrogato una sanzione di 1,5 milioni di euro.
GoFundMe – attiva nella gestione e nella promozione di campagne di raccolta fondi create da terzi – ha posto in essere due pratiche commerciali in violazione degli articoli 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo.
Nel primo caso ha fornito informazioni ingannevoli sull’assenza di costi riguardo ai servizi erogati. Già dalla homepage e poi nelle pagine delle singole campagne di raccolta, la promozione dei servizi di raccolta fondi sul sito GoFundMe era pubblicizzata con claim immediatamente visibili quali “gratuita”, “senza costi” e “Veloce, gratuito e sicuro”. Si tratta di affermazioni non vere perché esistono costi connessi alle donazioni con carte di credito e di debito e commissioni su ogni transazione a favore della stessa GoFundMe.
La seconda pratica sanzionata dall’Autorità riguarda la commissione a favore della piattaforma, in teoria liberamente determinata da chi dona, ma in realtà preimpostata da GoFundMe per valori pari al 10% o al 15% della donazione e modificabile solo dopo vari e non immediati passaggi, che non sempre risultano comprensibili. In particolare ciò avviene quando la partecipazione alla raccolta fondi viene svolta in momenti di particolare urgenza e coinvolgimento emotivo, come accaduto durante la pandemia da Covid-19 o per altre emergenze sanitare.
“L’Autorità ha considerato che il motivo per cui i consumatori si rivolgono a GoFundMe, ovvero effettuare versamenti in beneficenza in situazioni eccezionali, può comportare un’attenzione ridotta ai meccanismi di funzionamento del sito o una maggiore propensione a disporre delle proprie risorse finanziarie con il risultato di un indebito condizionamento del meccanismo di preimpostazione delle commissioni – spiega una nota Agcm – La pratica della preimpostazione della commissione nel frattempo è venuta meno, anche in seguito all’ordine di cessazione adottato dall’Antitrust in sede cautelare nel marzo scorso, nel pieno della prima ondata pandemica.