I siti web che offrono credito al consumo non sono “trasparenti”. A rilevarlo un’indagine della Commissione europea che ha censito 562 portali operativi in 27 stati membri, inclusi Norvegia e Islanda, con l’obiettivo di verificare se i consumatori ricevano le informazioni necessarie così come previsto dalla normativa comunitaria sulla sottoscrizione dei contratti di credito al consumo (un mercato che in Europa vale 600 miliardi).
Stando alla ricerca il 70% dei siti non rispetta le norme e solo un 30% ha superato il test.
Tra i principali problemi riscontrati spicca la mancanza di informazioni: il 46% dei siti non include le info standard prescritte dalla direttiva Ue, come il taeg (tasso annuo effettivo globale), essenziale per confrontare le offerte; i dati relativi agli oneri obbligatori dei servizi accessori, come le assicurazioni ad esempio, e la durata del contratto.
Nel 43% dei casi sono omesse le informazioni chiave sui costi totali, in particolar modo il tipo di tasso (fisso o variabile); la durata del credito e i costi ad esso collegati, come la tassa di accordo ad esempio.
L’indagine ha inoltre rilevato una diffusa presentazione “ingannevole” delle spese a carico dell’utente: nel modo in cui viene calcolato il prezzo e in quello in cui avviene l’informazione relativa alla stipula delle assicurazioni obbligatorie. A presentare questi problemi sono il 20% dei portali.
"Spesso i consumatori che sottoscrivono contratti di credito al consumo – sottolinea il commissario europeo per i Consumatori, John Dalli – scoprono solo successivamente che sono molto più costosi di quanto non fosse parso al momento della stipula, proprio a causa della carenza di informazione chiare. Il credito al consumo non è sempre facile da comprendere, ecco perché esiste una legislazione europea che aiuta i consumatori a prendere decisioni informate. È quindi molto importante che le aziende forniscano ai consumatori le informazioni corrette e necessarie. In questo senso il ruolo della Commissione europea è di collaborare con i garanti nazionali perché che questo avvenga”.
Lo “sweep” – questo il nome dato alle ricerche Ue nate con l’obiettivo di verificare la conformità alle norme europee a tutela dei consumatori – ha acceso i riflettori anche su 57 siti di sei paesi (Italia, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Svezia) per valutale l’applicazione delle regole relative agli accordi di pagamento, alla gestione dei reclami e ai termini e alle condizioni. La maggior parte di essi è carente sulle info precontrattuale e condizioni contrattuali.
Nelle prossime settimane le autorità nazionali dovranno contattare gli operatori del settore per esigere chiarimenti e, laddove necessario, richiedere la correzione dei siti web. In caso di rifiuto da parte delle aziende, si può arrivare ad un’azione legale che comporterà multe o la chiusura dei siti stessi. Le autorità nazionali infine dovranno presentare una relazione alla Commissione europea entro l’autunno 2012. La Commissione presenterà una relazione sui risultati.