L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha annunciato la pubblicazione del nuovo Crypto Asset Reporting Framework (Carf). Il documento ha lo scopo di fornire una guida per lo scambio automatico di informazioni tra i paesi e sarà presentato ufficialmente in una riunione del G20 a Washington il 12 e 13 ottobre.
Lo scopo del framework
Secondo quanto dichiara Ocse, il Carf è stato espressamente concepito per affrontare gli aspetti delle risorse digitali non coperti dall’attuale Common Reporting Standard (Crs) dell’Ocse/G20. Il framework coinvolge qualsiasi rappresentazione digitale del valore che si basa su un registro distribuito protetto crittograficamente o su una tecnologia simile per convalidare e proteggere le transazioni. Sono previsti riscatti per asset non utilizzabili a fini di pagamento o investimento e per asset già integralmente coperti dal Crs.
Il documento contiene anche “regole modello” che possono essere utilizzate nella redazione della normativa nazionale in materia di asset digitali. Tra gli obiettivi del framework c’è quello di facilitare la condivisione di informazioni sui contribuenti che si occupano di criptovalute e migliorare la trasparenza del mercato.
I quattro pilastri del Carf
Il Carf si basa essenzialmente su quattro elementi: il primo naturalmente sono i cripto-asset, la cui definizione si allinea a quella fornita dal Gafi rispetto agli asset virtuali, in funzione antiriciclaggio, e quindi escludendo i cripto-asset non utilizzabili “per scopi di pagamento o investimento”. Il secondo ruota attorno agli intermediari, ovvero coloro che “come attività commerciale forniscono servizi che realizzano transazioni di scambio in cripto-asset rilevanti per conto dei clienti, anche agendo come controparte o come intermediario di tali operazioni, o mettendo a disposizione una piattaforma di trading”. Ci sono poi le transazioni da comunicare, rispetto alle quali il Crf esplicita gli attributi che riguardano scambi cripto-fiat, scambi cripto-cripto e trasferimenti di cripto-asset. Il quarto pilastro è quello della due-diligence, allineata per quanto riguarda i fini a quanto previsto dal Crs. Viene dunque richiesta agli intermediari una autocertificazione per determinare la residenza fiscale dei detentori di cripto-asset e di confermare la validità dell’autocerficazione alla luce dei documenti raccolti per le attività antiriciclaggio
Cripto-asset, cresce l’attenzione dei governi
Considerando che la capitalizzazione di mercato delle criptovalute corrispondeva a quella delle prime 10 banche del mondo nel 2021, non c’è da stupirsi che nel 2022 governi e organizzazioni internazionali stiano finalmente mostrando un maggiore interesse al settore. Negli Stati Uniti, la Casa Bianca ha presentato il suo primo quadro di sviluppo delle risorse digitali a settembre e l’Ue sta lavorando a un proprio impianto legislativo.
Finora, i due punti focali per la regolamentazione e la legislazione crittografica nazionale e internazionale sono stati la prevenzione e la tassazione della criminalità. La condivisione dei dati tra i paesi potrebbe aiutare le forze dell’ordine a reprimere qualsiasi crimine legato alle criptovalute poiché la migliore visibilità nei quadri di settore come il Carf potrebbe rendere il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale molto più difficili da realizzare. Internamente, l’Ue sta anche pianificando di standardizzare la riscossione delle tasse per quanto riguarda le criptovalute.
Una risoluzione non vincolante che mira a standardizzare le tasse sulle criptovalute in tutta l’Ue e standardizzare quali eventi sono effettivamente tassabili è stata del resto approvata dal Parlamento europeo la scorsa settimana.