IL PAGINONE

Crisi e catastrofi naturali, quando basta un hashtag

I social network giocano ormai un ruolo strategico nella gestione delle prime fasi delle emergenze. Gli esperti: “Ma le istituzioni devono costruirsi la loro reputation e saper gestire le informazioni”

Pubblicato il 12 Ott 2013

I recenti disastri naturali che si sono abbattuti su diversi Paesi, Italia compresa, hanno evidenziato come i social network possano giocare un ruolo anche nelle comunicazioni di emergenza. Il terremoto e tsunami in Giappone (2011), l’uragano Sandy a New York (2012), il recente attentato alla maratona di Boston: sono esempi in cui le piattaforme social si sono rivelate essenziali nella gestione del disastro. Nel Rapporto 2013 sulla protezione civile, la Federal emergency management agency (Fema) ha rivelato che in poche ore gli utenti americani hanno inviato più di 20 milioni di post e tweet legati a Sandy. La più grande compagnia elettrica del New Jersey, la PSE & G, ha sfruttato durante l’uragano i feed di Twitter per indicare dove localizzare tende giganti e generatori, mentre, nel caso dell’attentato di Boston, il Pew Research Center calcola che un quarto degli americani ha cercato notizie su Facebook, Twitter e altri social network. Anche polizia e Croce rossa hanno usato questi canali per dare informazioni.

Nell’Italia colpita dalle alluvioni (Liguria e Toscana, 2011) e dal sisma (Emilia, 2011) il web 2.0 ha rappresentato una delle modalità preferite dai cittadini per lanciare l’allarme o cercare notizie. In Emilia, secondo i dati del team di SNS Italia e dell’Università di Urbino Carlo Bo, sono stati oltre 14.500 i tweet con l’hashtag #terremoto nelle due ore successive alla prima scossa.
Nel caso delle alluvioni, su Facebook si è attivata la mobilitazione dei volontari e online è stata organizzata – dal dipartimento di Scienze della Terra e da NatRisk dell’università di Torino, insieme a Il Tirreno e Repubblica Genova – una crowdmap per raccogliere segnalazioni e testimonianze dalle città colpite, combinando le analisi scientifiche con le informazioni mandate dai cittadini via web.

Alcune pubbliche amministrazioni stanno prendendo atto del cambiamento, incorporando i social network nella propria comunicazione, sia di emergenza che ordinaria. Il Comune di Bologna non solo ha usato Twitter per affrontare l’emergenza neve del 2012 (#boneve) ma, con la sua Agenda digitale, studia, dialogando con i cittadini su Twitter, il modo migliore di comunicare sui nuovi canali (i migliori hashtag, le modalità di partecipazione più efficaci, ecc). Molto attivo anche il Comune di Firenze, che ha promosso l’utilizzo dell’hashtag #firenzeneve per informare i cittadini e i media locali delle criticità e dei disservizi in vista delle nevicate del 2012.
La regia centrale di una pubblica amministrazione, contrapposta ai flussi digitali di notizie auto-organizzati dai cittadini, garantisce, secondo i ricercatori Fabio Giglietto dell’università di Urbino e Alessandro Lovari dell’università di Siena, “un più efficace utilizzo dello strumento digitale, promuovendo uno specifico hashtag per aggregare messaggi di pubblica utilità e mitigare il rischio dispersione”.

A parte il rischio di diffusione virale di immagini e notizie false (per smentire i quali, durante l’uragano Sandy, la Fema ha dovuto aprire online la pagina Rumor Control), è importante per le Pa gestire una vera strategia legata alla comunicazione social, con account attivi sempre e hashtag coerenti: “Le amministrazioni devono entrare nel flusso dei social e costruirsi una reputation: non è possibile inserirsi nel momento in cui scatta un’emergenza, bisogna esserci da prima. Solo così è possibile erogare correttamente informazioni e catalizzatore il flusso che arriva dai cittadini”, secondo Elena Rapisardi, esperta di comunicazione 2.0 nelle emergenze.

“Un rischio esiste sempre quando l’informazione è affidata a non professionisti”, ribadisce Federico Sbandi, Social Media Editor di Gnoti Lab (Brand Journalism) con quasi 40.000 followers su Twitter; “bisognerebbe creare un ponte tra Facebook e Twitter da un lato e i profili ufficiali delle pubbliche amministrazioni e delle istituzioni dall’altro. I social media sono utili nelle emergenze per la rapidità con cui notizie, spesso cruciali, vengono veicolate: se quest’informazione vitale fosse gestita da esperti, pur preservando il contributo della cittadinanza, questo permetterebbe di far leva sulla quantità – la possibilità di raggiungere bacini enormi di utenti e di tenere conto delle loro sollecitazioni – ma anche sulla qualità dei professionisti, che filtrerebbero le news”.

Non a caso sono già 100 i partner internazionali del nuovo programma Twitter Alerts, con cui il social network risponde all’esigenza di portare ai cittadini, in caso di emergenza, solo informazioni localizzate, attendibili e rilevanti.

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