La crisi ha ormai assunto caratteristiche strutturali e comincia a far parte del discorso pubblico, anche nella sua componente fática: ossia, detto in parole più semplici, se uno fa tardi a un appuntamento (o a una scadenza di pagamento) la cosa ovvia è dare la colpa alla crisi nelle sue mille conseguenze e sfaccettature. Qualcosa del genere avviene nell’economia dei media e delle telecomunicazioni: se una tipologia di consumo diminuisce, calano le vendite o un cinepanettone va male, subito si tira in ballo la crisi.
Ciò coinvolge una questione mai definitivamente chiarita: in tempi di crisi cosa accade con i consumi culturali e ricreativi? Crescono per compensare le amarezze, o diminuiscono per mancanza di soldi? E inoltre, l’ottimismo, la gioia e la serenità aiutano a superare la crisi, o sono una colpevole distrazione rispetto alla gravità dell’ora? Che contributo possono dare in questo senso la tanto strombazzata fiction italiana, lo spettacolo, l’entertainment? Da noi nessuno ci pensa, ma nell’America degli anni Trenta la crisi epocale del ’29 fu superata anche con il jazz e il swing, il cinema di Frank Capra, i rotocalchi illustrati come “Life”, e anche con l’introduzione del gioco d’azzardo legale (o quasi) a Las Vegas (1931) e l’abrogazione del proibizionismo (1933). È difficile calcolare se i consumi di entertainment delle famiglie salgono o scendono; dobbiamo aggregare vari dati. Il capitolo 09, ricreazione cultura, rappresenta il 7,3 % della spesa complessiva delle famiglie nel 2011. Se a questo aggiungiamo la spesa per pubblici esercizi, alberghi e ristoranti la percentuale aumenta al 17,4% del Pil: sono dati Istat, e ringrazio la dott. Rita Giaracuni che li ha raccolti per me. Questo aggregato è abbastanza stabile e ha proporzioni ragguardevoli:19.576 milioni di euro nel 2003, 21.274 nel 2005,23.551 nel 2007, 22.648 nel 2009, 23.494 nel 2010, 24.739 nel 2011.
Vedremo il dato del 2012, è interessante constatare se manterrà una sua linearità o tenderà a muoversi. Occorre poi valutare come in questi macro-aggregati si muovano le varie componenti: è presumibile che giochi e lotterie si affermino a scapito di altri consumi. Naturalmente si tratta di valutazioni imprecise: l’idea di aggregare tutte le voci di spesa che riguardano l’entertainment deve ancora farsi strada, ma è assolutamente necessaria per comprendere cosa sia la crisi, e soprattutto per intervenire su di essa: uno strumento utile per legislatori e regolatori, ma anche per l’industria delle comunicazioni e dell’entertainment.