IL DIBATTITO

Crisi Tlc, i sindacati: “L’Italia rischia di rimanere fuori dai giochi”

I tre segretari Faraoni (Fistel Cisl), Solari (Slc Cgil) e Ugliarolo (Uilcom) puntano il dito contro la “scarsa attenzione delle istituzioni”. Urgente sciogliere il nodo del dossier della rete Tim. Riflettori anche sulla necessità di percorsi di formazione per rinnovare le competenze

Pubblicato il 15 Giu 2023

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Le telecomunicazioni, che rappresentano il pilastro portante della digital transformation, stanno attraverso una profonda difficoltà che impone un urgente cambio di passo: la filiera italiana, in termini di ricavi, ha registrato le maggiori perdite in Europa e in 12 anni ha perso oltre un terzo del suo valore. II 2022, poi, è stato un anno complesso come dimostra l’andamento negativo dei ricavi. Per i sindacati è dunque fondamentale intervenire, e in tempi stretti, adottando misure che favoriscano la definizione di una nuova politica industriale di settore.

Faraoni (Fistel Cisl): “Ricollocazioni e giovani al centro dell’attenzione”

Il settore Tlc “è alla frutta e c’è bisogno di denaro nuovo per tornare alla crescita”. Con queste parole Alessandro Faraoni, segretario generale Fistel Cisl, ha dato uno scossone al confronto fra i sindacati su “La crisi delle Tlc e l’effetto boomerang sul Paese“-

Faraoni spiega che “considerando che le Telco si stanno orientando su Iot, Cyber security e Big data, non bastano più le parti aziendali e sindacali, ma è necessaria anche la parte istituzionale“. “Il famoso fondo di investimento di settore deve essere alimentato anche dalla parte istituzionale e a distanza di tre anni, da quando è stato istituito, stiamo aspettando ancora una risposta”. “Questo – prosegue il sindacalista – la dice lunga sulla totale miopia o disattenzione da parte delle istituzioni. C’è una disattenzione verso questo mondo che forse viene visto ancora come la gallina dalle uova d’oro, oppure si pensa che le aziende possano ancora investire”.

“Siamo diventati un sindacato del pronto soccorso – ha lamentato ancora il segretario Fistel Cisl  -: stiamo correndo per tutte le aziende perché la tecnologia avanza e le competenze non bastano più. Non possiamo mettere la gente in mezzo alla strada, ma abbiamo anche bisogno di portare dentro i giovani perché spesso servono competenze molto spinte” per le tlc.  Nonostante lo sciopero del 6 giugno scorso, aggiunge, resta “una forte disattenzione: siamo arrivati alla frutta. Anche dal punto di vista della formazione, se non si capisce che bisogna investire per far crescere il Paese, il rischio è che non solo non abbiamo le necessarie infrastrutture, ma non riusciamo a trovare le competenze adatte”.

Algieri (Asstel): “Potenziare formazione e politiche attive del lavoro”

“Nell’ambito di nuove misure in logica di politica industriale che guardi al mondo delle tlc come un volano per il l’Italia, un ruolo fondamentale riguarda il lavoro. Su questo la filiera tlc ha necessità di individuare misure di politiche attive per favorire la realizzazione della trasformazione digitale legate ad up-skilling e re-skilling; un sostegno economico che acceleri la piena operatività̀ del Fondo di Solidarietà̀ bilaterale per la filiera di tlc al fine di incentivare i percorsi di formazione permanente e certificata di nuove competenze digitali e accompagnare così il processo di trasformazione delle imprese”,  chiarisce invece  Francesco Algieri, responsabile relazioni sindacali Asstel.

“A tal fine, crediamo sia strettamente necessario poter contare su più̀ strumenti che possano agevolare sia la formazione interna sia il reperimento sul mercato delle competenze necessarie a sostenere il raggiungimento degli obiettivi – puntualizza – . Riteniamo cruciale anche il potenziamento degli Itc e l’istruzione Stem e le politiche attive del lavoro, con particolare attenzione alla formazione certificata per gestire in maniera preventiva l’impatto della digitalizzazione del lavoro per il personale già̀ in forza presso le imprese della filiera».

Solari (Slc Cgil): “Dalla frammentazione un prezzo altissimo”

Duri anche i toni di Fabrizio Solari, segretario Slc Cgil, il quale chiarisce che “il modello di sviluppo delle tlc è stato approcciato in maniera sbagliata in Europa, la frammentazione ha fatto pagare un prezzo altissimo, Deutsche Telekom resiste perché i soldi li fa all’estero. E’ rimasto Tim Brasil – aggiunge – che è in utile”. E mentre l’Europa non vede più “come fumo negli occhi il consolidamento, se questo avverrà, se cioè partirà un processo di consolidamento a livello europeo, quando avremmo finito di destrutturare il nostro modello residuo, sarà un processo che riguarderà Orange o DT. Un altro pezzo di economia del nostro continente vedrà l’Italia fuori, come già successo nell’automotive, nella chimica, nei trasporti”.

“La questione nuova oggi è che gli eventi sono radicali e rischiano di trascinare via questo modello di relazioni sindacali” finora rappresentato dalle tlc, ha aggiunto Solari . “Abbiamo una arretratezza della rete e sul mercato si è perso un terzo del fatturato a fronte di un aumento della domanda esponenziale: questo prima ha ammazzato gli investimenti, poi il lavoro ora le imprese”. “Solo qui si è arrivati a separare le reti dai servizi” osserva Solari per cui non si sa se “questo modello ibrido” possa funzionare. “Ha senso continuare a pensare che da una parte mettiamo la rete ibrida, sopra ci mettiamo qualche rete 5G e poi l’architettura chi la governa? Già oggi ci sono problemi tra le dorsali e la rete di prossimità: noi stiamo costruendo un mostro” osserva.

Ugliarolo (Uilcom): “Impensabile che la rete sia in mani straniere”

Il settore delle tlc “è in crisi perché trascurato dalle istituzioni negli ultimi 15 anni, a prescindere dai governi in carica”, ha ribadito Salvo Ugliarolo, segretario generale Uilcom, aggiungendo che “non è possibile che la rete, un asset strategico, sia in mani straniere”. È inutile “parlare di rete nazionale se poi viene consegnata a fondi stranieri”, ha detto, puntualizzando anche che “non ha senso un’operazione di scorporo se poi viene fatta da fondi stranieri”.

Parlando di rete unica nazionale, Ugliarolo ha fatto presente che, “con un eventuale scorporo della rete” di Tim, “rimane dall’altro lato l’azienda dei servizi che dovrebbe essere costituita da circa 16mila persone, la quale farebbe concorrenza in un settore molto competitivo a Vodafone che ha una forza lavoro di poco più di 5mila dipendenti, WindTre di poco più di 6mila, Fastweb di poco più 3 mila”. “Creiamo un ‘altro mostro’ – ha puntualizzato , che dovrebbe rimanere senza rete che è l’asset che fa sopravvivere questa azienda”.

Il sindacalista ha anche ricordato il tema del maxi-esborso delle telco per l’asta 5G, ma ad oggi, tra le altre misure richieste per superare la crisi del settore, le aziende di tlc non sono ancora state equiparate alle aziende energivore. Facendo un esempio sull’assenza del Governo, Ugliarolo ha sottolineato che “il ministro Urso lo dobbiamo cercare a ‘Chi l’ha visto’: su quattro richieste di incontro, abbiamo avuto una misera lettera nella quale si dice che loro sono conoscitori dei problemi e a breve ci sarà la risposta”.

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