Fermare il cybercrime farebbe risollevare le economie internazionali Il nuovo report realizzato dal Csis (Center for Strategic and International Studies) e promosso da McAfee, rivela la portata dell’impatto del cybercrime sulle economie globali secondo cui l’impatto economico del crimine informatico ha un valore stimato di 445 miliardi di dollari in tutto il mondo, che si aggira tra il 15% e il 20% del valore generato da Internet.
Il report, “Perdite nette – stimare il costo complessivo del crimine informatico” conclude infatti che il crimine informatico costa alle imprese circa 400 miliardi di dollari, che corrisponde a una perdita di 200mila posti di lavoro negli Stati Uniti e 150mila in Europa. In Italia, nel dettaglio, le perdite reali dovute agli hacker ammontano a 875 milioni di dollari, mentre i costi legati alle necessità e alle attività di ripristino hanno raggiunto gli 8,5 miliardi di dollari. In altre parole, non ci può essere un distacco di dieci volte tra le perdite attribuite agli hacker e le spese sostenute per ripristinare i danni dovuti a questi attacchi.
Il costo più importante legato al crimine informatico deriva dal danno causato alle prestazioni aziendali e alle economie nazionali. “Il cybercrime danneggia mercati, competitività, innovazione e frena la ripresa e la crescita dell’economia globale”, precisa il report: le stime del Csis considerano che il crimine informatico si appropri del 15-20% di tutto il valore creato da Internet.
L’effetto del cybercrime è particolarmente devastante sulla proprietà intellettuale. In questo senso i paesi dove i settori che creano e utilizzano proprietà intellettuale trainano il resto dell’economia sono quelli che perdono di più – in termini di attività commerciali, posti di lavoro e guadagni – rispetto a quelle più basate sull’agricoltura o industrie di produzione di basso livello. Similmente, i paesi ad alto reddito hanno maggiore perdita in percentuale del Pil, rispetto ai paesi a basso reddito – in media circa lo 0,9% in più.
“Il cybercrime è come una tassa sull’innovazione e rallenta il ritmo del rinnovamento globale riducendo il tasso di crescita di innovatori e investitori – spiega Jim Lewis, senior fellow e direttore del Strategic Technologies Program del Csis – Nei Paesi sviluppati, la criminalità informatica ha gravi conseguenze sull’occupazione, con l’effetto di spostare l’occupazione lontano dai posti di lavoro che creano un maggior valore. Teniamo presente che anche piccole variazioni del Pil possono influenzare l’occupazione”.
I ricercatori del Csis hanno rilevato che nel 2013 negli Stati Uniti 3mila aziende hanno dato notizia di aver subito una violazione, principalmente nel commercio. Nel Regno Unito i commercianti hanno riferito di aver perso oltre 850 milioni di dollari nel 2013 intascati dagli hacker. Dati ufficiali australiani riferiscono attacchi su larga scala che hanno colpito commercianti, catene alberghiere, una linea aerea e aziende di servizi finanziari, con perdite che hanno raggiunto oltre 100 milioni di dollari per azienda. Tutti casi che con le precauzioni adatte si sarebbero potuti evitare.
Il report indica un totale di oltre 800 milioni di record individuali perduti nel 2013, con un costo che potrebbe ammontare a 160 miliardi l’anno. Quaranta milioni di persone negli Stati Uniti (il 15% della popolazione) hanno subito il furto di informazioni personali ad opera di hacker. Lo studio ha raccolto inoltre informazioni sulle violazioni alto profilo in tutto il mondo: 54 milioni in Turchia; 20 milioni in Corea; 16 milioni in Germania e oltre 20 milioni in Cina.
Parte delle perdite dovute al crimine informatico è direttamente connessa a quello che gli esperti chiamano “costi di ripristino”, ovvero la pulizia digitale che deve essere effettuata al termine di un attacco. Il report McAfee-Csis ha rilevato che mentre i criminali informatici non saranno in grado di sfruttare economicamente tutte le informazioni che hanno sottratto, al contrario le vittime devono spendere risorse significative, come invece questo fosse possibile.