RAPPORTO CIVITA

Cultura, musei italiani poco social: “Spingere sull’innovazione”

Rapporto Civita: istituti culturali poco inclini alla comunicazione digitale. Pesa la mancanza di competenze specializzate. Anche i vincoli normativi e le difficoltà finanziarie frenano lo sviluppo

Pubblicato il 30 Mar 2016

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I musei italiani sfruttano poco i social network, sia perché mancano le competenze specializzate sia perché le strutture preferiscono ancora la comunicazione tradizionale. A scattare una fotografia social dei siti culturali italiani è “#SOCIALMUSEUMS. Social media e cultura fra post e tweet“, il decimo Rapporto dell’associazione Civita, presentato oggi all’Auditorium dell’Ara Pacis di Roma e incentrato sul rapporto fra istituzioni culturali e social media.

I social, questi sconosciuti – L’indagine, condotta in collaborazione con Unicab su un campione di 26 istituti, testimonia l’assenza dei social network tra i mezzi strategici utilizzati dai musei per fare comunicazione. Secondo il report, si tratta di una scelta purtroppo ponderata che nasconde tuttavia una scarsa conoscenza delle effettive potenzialità degli strumenti i social, dovuta alla poca esperienza finora accumulata e alla difficoltà di associare una piattaforma ad obiettivi specifici. L’unica eccezione in questo contesto riguarda i musei d’arte contemporanea, maggiormente inclini a utilizzare i nuovi strumenti digitali per richiamare non solo i giovani “nativi digitali“, ma anche un pubblico più trasversale e meno assiduo.

Leggi e scarsità di risorse frenano l’innovazione – I musei che utilizzano i social come strumento di comunicazione e promozione prediligono quelli multifunzionali, quali Facebook, Twitter e Google+, seguiti seppur a distanza da Instagram, Pinterest e YouTube. Chi sfrutta le nuove frontiere della comunicazione digitale generalmente lo fa implementandole in stretta connessione con il sito web del museo, per ottimizzare l’uso di tutti gli strumenti a disposizione dell’istituzione.

Dall’indagine, curata da Luca De Biase, fondatore e caporedattore di Nòva, e Pietro Antonio Valentino, vicepresidente del comitato scientifico di Civita, emergono due ostacoli che limitano la comunicazione sui social da parte delle istituzioni museali: i vincoli normativi, come quello che riguarda l’utilizzo delle immagini delle opere d’arte sui canali digitali, e le difficoltà finanziarie che non consentono l’acquisizione di professionalità specializzate all’interno dei musei.

“Per recuperare il gap serve progettualità innovativa” – Per riprendersi il tempo perso e spingere l’uso delle tecnologie social, secondo Civita le istituzioni museali da un lato “devono accrescere il proprio ruolo identitario e valoriale, a garanzia della qualità della cultura trasmessa e a favore di una redistribuzione dell’accesso alla conoscenza, valutando pregi e difetti rispetto ai propri obiettivi“. Ma serve anche uno scatto da parte delle istituzioni, che devono mettere i musei “in grado di dare l’avvio ad una progettualità innovativa, volta da ottimizzare le funzioni delle piattaforme social in linea con le esigenze del museo stesso ma anche, e di comune accordo, con quelle di centri di ricerca e imprese innovative del settore“.

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