La guerra informatica degli Stati Uniti contro l’Isis prosegue a ritmo spedito. Dopo l’ammissione di Ashton Carter, segretario della difesa Usa, che aveva svelato l’accelerazione dell’intelligence statunitense nella guerra ai cyber-jihadisti, il sottosegretario alla Difesa Robert Work ha annunciato i lanci di “cyber bomb” contro la galassia informatica dello Stato Islamico.
“Ora abbiamo una campagna cyber”, ha aggiunto rivelando l’avvio di operazioni per mettere i bastoni fra le ruote alla campagna di comunicazione online del Califfato. Tra le armi uMa i tilizzate dagli Usa anche il blocco delle connessioni che viaggiano su satellite, che in molti territori sta impedendo ai militanti dell’Isis di connettersi alla Rete o comunque ne sta rallentando l’operatività.
Non è un mistero che per contrastare Al Baghdadi e i suoi adepti la Casa Bianca e l’Fbi abbiano chiesto aiuto ai colossi della Silicon Valley con l’obiettivo di individuare il miglior utilizzo possibile della tecnologia in un’ottica di contrasto immediato e tempestivo alla propaganda dello Stato Islamico. Facebook, Apple, Microsoft, Youtube e altre aziende hi-tech stanno infatti già lavorando a stretto contatto con il Governo e le forze di sicurezza nazionale.
Ma la guerra informatica al terrorismo è tutt’altro che cosa semplice, come dimostra il report realizzato da Recorded future per il Wall Street Journal relativo alla campagna anti-jihad lanciata da Twitter. A marzo il social network ha bloccato 26mila account, il quadruplo di quanti ne avesse neutralizzati a settembre, mentre i membri dello stato islamico ne hanno creati 21mila nuovi, il triplo di quanti ne avevano registrati sei mesi fa.
È sufficiente utilizzare un software che cambia leggermente il nome dell’account e che salva i contenuti già postati per beffare la compagnia guidata da Jack Dorsey (lui e Mark Zuckerberg sono stati pubblicamente minacciati dall’Isis) e il gioco è fatto. I profili dei cyber-jihadisti ricompaiono nell’arco di pochi minuti, rendendo più complicata del previsto l’offensiva informatica di Twitter. Insomma, se i giganti informatici alzano la voce, il Califfato non sta certo a guardare.