Il cyberbullismo potrebbe presto diventare un reato, con pene “da sei mesi a cinque anni di carcere”, se commesso da un maggiorenne, o con il sequestro dello smartphone se l’atto vessatorio è commesso da un minore. Queste previsioni sono contenute in alcuni degli emendamenti presentati al ddl sul contrasto al bullismo informatico, presentato alla Camera lo scorso 15 febbraio e attualmente in discussione alle Commissioni riunite di Giustizia e Affari Sociali.
Le proposte di modifica, sottoscritte dalla presidente di Commissione Donatella Ferranti (Pd) e altri deputati, prevedono dunque l’applicazione di norme di natura penale nel caso di reato commesso da un ragazzo o ragazza con più di 18 anni. Un’ipotesi che si verifica, secondo quanto prevede l’art. 612 ter che l’emendamento all’articolo 2 del ddl vorrebbe inserire nel codice penale, qualora “chiunque, con condotte reiterate, utilizzando strumenti informatici o telematici:
· sostituisce illegittimamente la propria all’altrui persona inviando messaggi o pubblicando testi al fine di danneggiare la vittima;
· carpisce la fiducia di un soggetto attraverso artifici, raggiri, lusinghe o minacce mediante l’utilizzo della rete informatica o telematica, al fine di acquisire, pubblicare, condividere con altri ovvero diffondere i dati sensibili e le informazioni in tale modo acquisiti;
· realizza, pubblica, divulga ovvero diffonde attraverso la rete informatica o telematica documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza, di minacce o di atti persecutori”
Inoltre, prevede il secondo comma del possibile nuovo art 612 ter, “la pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di un minore o di una persona con disabilità”. Nel caso di cyberbullo minorenne si va invece dall’ammonimento del Questore fino al sequestro del device utilizzato, sia esso un pc, un telefono o un tablet. Anche se appartenenti a terzi, come potrebbe essere nel caso di utilizzo di uno smartphone del proprio genitore.