Il disegno di legge sul cyberbullismo nasce ad opera della prima ideatrice, l’onorevole Elena Ferrara, quale strumento atto a promuovere i valori della “cittadinanza digitale” grazie a una rete sociale di prossimità costruita in modo olistico intorno al minore. I principi-cardine della prima stesura sono formazione, prevenzione, autoregolamentazione. Le misure di contrasto sono l’ammonimento nei confronti dei bulli oltre i 14 anni; la cancellazione dei contenuti lesivi e in difetto il ricorso al Garante Privacy che si pronuncerà entro 48 ore.
La proposta viene integrata dalle “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo” dell’aprile 2015 a cura del Miur che introducono nel ddl tutta la galassia formativa e preventiva attualmente vigente imperniata sull’importanza della segnalazione (telefono, chat, sms, whatsapp, skype affinchè il minore possa scegliere la via più congeniale) degli Osservatori regionali che dovranno cedere il passo ai Cts (Centri Territoriali di Supporto) e del ruolo principe della scuola i cui insegnanti adeguatamente formati dovranno aiutare i discenti a diventare dei buoni “cittadini virtuali”.
Il ddl bullismo e cyberbullismo seconda stesura stravolge la ratio dell’idea originaria introducendo repressione anziché autoregolamentazione, censura anziché formazione digitale, prevenzione per i minori ma non per gli adulti. Che senso ha estendere la normativa ai maggiorenni se per questi ultimi non è prevista nessuna forma di alfabetizzazione etica-digitale? Il lupo era il lupo, ma il grande Francesco non l’ha bastonato ma l’ha educato.
Il ddl bullismo e cyberbullismo vuole bastonare i cattivi della Rete senza investire in cultura digitale. In merito agli adulti si rileva palesemente claudicante e squilibrato perché introduce solo repressione senza compensare con la indispensabile educazione alla cultura della “cittadinanza digitale”. Si potrebbe ipotizzare un apprezzabile sintomo di incostituzionalità del ddl per disparità di trattamento tra minorenni e maggiorenni in quanto i primi vengono ammessi a un’intera rete di formazione digitale mentre i secondi ne vengono assolutamente esclusi. L’educazione alla “cittadinanza digitale” e’ un obiettivo politico e sociale per tutti. Come si può pensare di escludere la maggior parte degli italiani? Nel ddl il fulcro irradiante della cultura digitale parte dalla scuola e chi ha lasciato i banchi da un pezzo come lo recuperiamo? Con le bastonate?
Il ddl oltre al reato di cyberbullismo istituisce il reato di bullismo generalista per minori e per adulti. Ma scusate: per i maggiorenni non abbiamo già lo stalking e il cyberstalking? Ben venga l’aggravante del 612 bis CP contenuta nella Ppl ma chiamiamo le cose con il loro nome: il bullismo tra gli adolescenti, il mobbing sul posto di lavoro, il nonnismo nell’esercito, il capolarato nel lavoro degli immigrati, lo stalking in tutte le forme di persecuzione. Si poteva pensare di distinguere tra bullismo tra i ragazzi e stalking tra gli adulti ampliando quest’ultimo reato a tutte le condotte contemplate nella definizione di bullismo. Questo avrebbe implicato una conseguenza importante ovvero quella di lasciare i minori fuori dal penale perché anche il bullo ha bisogno di aiuto quanto la vittima.
Il ddl con l’estensione a tutti del reato di bullismo e cyberbullismo svuota di efficacia l’intenzione originaria. Non esistono le risorse umane ed economiche per far fronte alla valanga di segnalazioni che investirà i gestori e il Garante Privacy. Possiamo fermarci solo per un momento a riflettere sulla portata pratica del ddl? A sostegno della legge viene previsto un budget annuo di € 220.000,00 per il 2016, 2017 e 2018 oltre ai bandi degli Uffici Scolastici Regionali per i progetti dedicati. Ritengo francamente che se i nostri politici e governanti riuscissero ad alfabetizzare digitalmente tutti i ragazzi italiani con queste somme potrebbero serenamente candidarsi al Nobel per la cultura della cittadinanza digitale.
In definitiva, il ddl tutela tutti per non tutelare nessuno perché il marasma di segnalazioni e di reclami affosserà le strutture di contrasto che non riusciranno né a tutelare i giovani né a tutelare gli adulti.