Cybercrime, compromessi un miliardo di dati. E gli hacker sono tra noi

Verizon Data Breach Investigations: il 49% delle violazioni proviene da minacce interne. Il 94% dei “furti” nei servizi finanziari. Il Vp Tippett: “La prevenzione resta l’arma migliore”

Pubblicato il 21 Set 2010

Furti di dati? Sempre più spesso causate da minacce interne, da un
più ampio utilizzo del social engineering e da un sempre più
forte coinvolgimento della criminalità organizzata. A scattare la
fotografia il 2010 Verizon Data Breach Investigations Report,
realizzato con la collaborazione dei Servizi Segreti degli Stati
Uniti che ha censito 900 violazioni che riguardano 900 milioni di
record compromessi.

Come nei precedenti report realizzati dall’azienda, gli esperti
investigativi di Verizon Business hanno stabilito che si sarebbe
potuta evitare la maggior parte delle violazioni dei dati se
fossero state seguite procedure di base per la sicurezza. Solo il
4% delle violazioni prese in esame avrebbe richiesto misure di
protezione complesse o costose.

“Essere preparati resta la migliore difesa contro le violazioni
della sicurezza – si legge nello studio -. Per la maggior parte,
le organizzazioni sono ancora molto lente nel rilevare e rispondere
agli incidenti”. La maggioranza delle violazioni (60%) continua a
essere scoperta da figure esterne e solo dopo un periodo
considerevole di tempo. Inoltre, anche se nella maggior parte dei
casi le vittime hanno le prove di una violazione nei propri log di
sicurezza, spesso le sottovalutano a causa di una mancanza di
personale, di strumenti o di processi.

“Quest’anno siamo stati in grado di ampliare in modo
significativo la nostra visuale sul mondo dinamico delle violazioni
dei dati, il che ci ha consentito di avere una prospettiva ancora
più ampia e accurata – spiega Peter Tippett, Vice President of
Technology and Enterprise Innovation di Verizon Business -.
Includendo le informazioni relative ai casi analizzati dai Servizi
Segreti, abbiamo ampliato sia la nostra comprensione dei crimini
informatici sia la capacità di contrastare le violazioni.”
Nel dettaglio lo studio rileva che la maggior parte delle
violazioni dei dati prese in esame è stata causata da fonti
esterne. Il 69% delle violazioni è stato originato dall’esterno,
mentre solo l’11% è legato a partner commerciali. Il 49% però
è stato causato da personale interno, con un aumento rispetto ai
risultati del report precedente, dovuto in parte a un set di dati
più ampio e anche alla tipologia di casi indagati dai Servizi
Segreti.
Numerose violazioni, poi, hanno implicato l’utilizzo non
autorizzato di privilegi. Il 48% delle violazioni infatti è stato
attribuito a utenti che hanno impiegato in modo non autorizzato i
propri diritti di accesso alle informazioni aziendali per scopi
illeciti. Un ulteriore 40% delle violazioni è il risultato
dell’opera di hacker, mentre il 28% è dovuto a tattiche di
social engineering e il 14% ad attacchi fisici.
Inoltre le violazioni continuano a presentare caratteristiche
comuni. Come negli anni precedenti, quasi tutte le violazioni dei
dati hanno avuto luogo da server e da applicazioni online. L’85%
delle violazioni non è stato classificato come particolarmente
complesso e l’87% delle vittime aveva prove delle violazioni nei
propri log file, senza tuttavia rilevarle.

Le violazioni dei dati continuano a verificarsi all’interno di
organizzazioni di tutti i tipi. Servizi finanziari, hospitality e
commercio al dettaglio continuano a essere i tre settori principali
interessati dal problema (rispettivamente 33%, 23% e 15%) nel set
di dati combinato di Verizon e dei Servizi Segreti, anche se i
servizi tecnologici hanno superato il settore del commercio al
dettaglio nei casi presi in esame da Verizon. Una percentuale
crescente di casi e un sorprendente 94% di tutti i record
compromessi nel 2009 erano attribuibili ai servizi finanziari.

Più della metà delle violazioni investigate da Verizon nel 2009
ha avuto luogo fuori dagli Stati Uniti, mentre la maggior parte
delle violazioni indagate dai Servizi Segreti si è verificata
negli Stati Uniti. Il report non ha evidenziato alcuna correlazione
tra le dimensioni di un’organizzazione e le probabilità di
subire una violazione dei dati.

“È più probabile che i criminali scelgano i propri bersagli in
base al valore percepito dei dati e al costo dell’attacco, invece
che a caratteristiche – ad esempio la dimensione – delle
vittime”, oservano i ricercatori di Verizon.

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