L'Office of the United States Trade Representative ha inserito
per la prima volta l'Italia nella "watch list" dei
paesi ad alto rischio pirateria. Lo rende noto Tullio Camiglieri,
coordinatore del Centro Studi per la protezione dei diritti degli
autori e della libertà di informazione che, in Italia, sta
portando avanti la campagna antipirateria.
L'Italia è ora affiancata – si legge in una nota – a
Bielorussia, Bolivia, Brasile, Brunei, Colombia, Costarica,
Repubblica Dominicana, Ecuador, Egitto, Finlandia, Grecia,
Guatemala, Giamaica, Kuwait, Malaysia, Messico, Norvegia, Perù,
Filippine, Romania, Spagna, Tagikistan, Turchia, Turkmenistan,
Ucraina, Uzbekistan, Vietnam.
"Certo non siamo in una bella compagnia – dice Camiglieri –
quanto dovremo ancora aspettare perché sia chiara l'urgenza di
adottare misure regolamentari e legislative che garantiscano
certezza del diritto e rispetto per l'industria culturale del
nostro paese?".
"Il nostro Paese non ha bisogno di primati di questo genere –
prosegue Camiglieri -. Al contrario, in una situazione in cui
l'impatto economico della pirateria è stimato intorno a 500
milioni di euro persi per i canali legali, con un'incidenza che
dal 2009 al 2011 è cresciuta del 5% e con un totale di 384 milioni
di atti di pirateria audiovisiva, non si può più aspettare ed è
necessario agire subito".
"Qualche segnale positivo in Italia si coglie comunque dagli
ultimi dati Ipsos (gennaio 2011) – conclude la nota -, per esempio
l'aumento costante della percezione del reato da parte del
fruitore illecito, arrivata a toccare il 70% dei pirati, così come
il fatto che l'83% dei pirati risulta ritenere che la denuncia
penale sia un deterrente efficace".