SICUREZZA DIGITALE

Cybersecurity, Israele apre all’Italia

L’Agenzia per l’Italia Digitale ha preso parte alla Terza Conferenza Internazionale per la Sicurezza Digitale, che si è tenuta a Tel Aviv. Aziende israeliane interessate a collaborazioni con partner italiani

Pubblicato il 18 Giu 2013

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La Terza Conferenza Internazionale per la Sicurezza Digitale, tenutasi a Tel Aviv il 12 giugno 2013, ha preso il via nella sessione introduttiva con interventi al più alto livello politico, a partire dal Capo dello Stato Shimon Peres. C’è interesse, tra le aziende israeliane, alla collaborazione con partner italiani, specie con piccole e medie imprese, che hanno un approccio di mercato dinamico e “intelligente” rispetto ai bisogni nuovi della cybersecurity. C’è interesse nelle istituzioni israeliane preposte alla sicurezza del cyber-spazio, alla collaborazione con le omologhe realtà italiane, ed in particolare con l’Agenzia per l’Italia Digitale, che ha un ruolo di primo piano non solo nella cooperazione europea per l’attuazione della Digital Agenda, ma anche nella realizzazione operativa del Cert per la P.A.

“Israele – ha detto il presidente Shimon Peres – investe nella crescita del settore della cybersecurity per due ordini di motivi: il primo è il bisogno di accrescere la sicurezza, al cui raggiungimento la cybersecurity fornisce un contributo di importanza crescente. Al confronto diretto si è aggiunto, negli anni recenti, un confronto con contestazioni e opposizioni diffuse, ramificate e dotate di capacità innovativa nell’uso degli strumenti di attacco informatico, fino ad atti di vero terrorismo”.

“Ciò accade per effetto di mutamenti sociali e culturali in corso, e per l’instabilità e fragilità di regimi tradizionalmente statici – prosegue Peres – Questi cambiamenti possono essere critici perché la diffusione della connettività internet e delle connessioni mobili consente aggregazioni improvvise, inattese, derivanti da reti che si animano attraverso l’uso delle nuove tecnologie su obiettivi a loro volta mobili e cangianti. Il secondo motivo è la crescita delle capacità imprenditoriali e della produzione nel settore delle alte tecnologie, per la quale è necessaria la formazione delle risorse umane. Senza risorse umane e senza ricerca ai massimi livelli, non è pensabile realizzare uno sviluppo della produzione del settore e una crescita dell’occupazione, e quindi non è possibile finanziare gli investimenti in ricerca necessari a raggiungere l’ eccellenza nei prodotti innovativi”.

Peres ha insistito sulla necessità di investire nelle risorse umane e di creare un ecosistema che incentivi gli investimenti delle imprese innovative. Una strategia che ha l’obiettivo di mantenere l’eccellenza del settore privato e metterla al servizio della crescita del paese.

Eviatar Matania, Capo del National Cyber Bureau, ufficio a riporto del Primo Ministro, ha fornito ulteriori argomenti e specificato questa strategia di investimento nell’impresa innovativa e nelle risorse umane dedicate allo sviluppo della cybersecurity. Ha dichiarato che “Israele intende essere una piccola superpotenza del cyberspace, sviluppando le risorse umane, industriali, di ricerca che costituiscono l’ecosistema dell’innovazione”. Matania ha insistito su due obiettivi: la creazione delle infrastrutture necessarie allo sviluppo dell’ecosistema, e le politiche che sviluppano le risorse umane, finanziare, compreso lo sviluppo della educazione anche attraverso un’accademia telematica, dedicata alla formazione dei giovani sugli aspetti non solo tecnologici, ma anche psicologici, morali e sociali della cybersecurity.

Avi Hasson, economista capo del Ministero dell’Economia, ha indicato i quattro strumenti principali, con cui il governo israeliano intende promuovere l’imprenditoria nel settore: si tratta in primo luogo di acquisti precompetitivi; poi delle start up e infine del finanziamento in venture capital, infine, dell’uso duale delle tecnologie (militare e civile).

Sono temi sui quali l’Italia ha un’esperienza (Fondi High Tech) e sta lavorando (Acquisti Precompetitivi) nell’ambito dell’Agenda Digitale e delle Smart Cities, due capitoli che interessano agli interlocutori israeliani.

Il programma del Ministero delle finanze israeliano Kidma ha un budget di 71 mill. di sheqel, è stato avviato nel 2013 per creare nuove imprese, ha già approvato 10 progetti per circa 17 mill. di sheqel, pari a 3,4 mill. di euro. Non è la dimensione del fondo che colpisce, che in realtà è assai inferiore a quello messo in campo con i Fondi High Tech per le regioni della convergenza in Italia, quanto la rapidità di implementazione tipica delle politiche israeliane.

Inoltre, la cooperazione internazionale è fondamentale per la competitività e l’eccellenza nella ricerca e nella produzione innovativa: condizioni necessarie per assicurare la resilienza del paese: anche qui si apre un terreno di confronto di esperienze e di cooperazione sull’innovazione, in particolare delle Pmi, di reciproco interesse.

Tra gli intervenuti, Richard Clarke, autore del libro “Cyber War”, nel quale ha proposto di affrontare le criticità dello spazio digitale con le stesse logiche della difesa, si è dimostrato assai più moderato che nel libro. Ha sottolineato l’importanza di capitalizzare l’esperienza diplomatica e tecnica delle trattative sulla riduzione degli armamenti nucleari, per utilizzare quel frame concettuale per avviare una strategia internazionale per ridurre i rischi di attacchi nello spazio digitale. Partendo dai paesi che hanno obiettivi comuni ed estendendo poi la logica degli accordi di “non proliferazione” degli attacchi digitali agli altri paesi, si possono offrire i benefici di una strategia che effettivamente riduce i costi e le perdite dovute agli attacchi criminali o terroristici sulla rete. Anche perché l’uso di “bombe logiche” (l’espressione è dello stesso Clark ed è tratta dal libro) non solo può avere un impatto sulle transazioni di informazioni e sulla raccolta-elaborazione dei dati, ma anche sul funzionamento di impianti strategici, sull’accessibilità delle infrastrutture e sull’esercizio delle reti fisiche delle utilities.

Ha polemizzato con Clarke Thomas Rid, autore del volume “Cyber War Will Not Take Place”, che si contrappone al concetto di cyber war introdotto da Clarke. Ma la polemica era di scuola, e in qualche modo serviva alla promozione dei due volumi, perché la posizione dei due esperti, durante la Conferenza, era assai poco distante dal punto di vista delle scelte politiche.

Melissa Hathaway ha richiamato la crescita della rete, da piccola risorsa di pochi ricercatori, a risorsa mondiale pervasiva, che “custodisce” e diffonde gran parte dei valori economici e culturali della società contemporanea: la necessità di proteggerla dagli abusi è al centro dell’attenzione dell’amministrazione americana, e la via della individuazione di standard internazionali e di scambio di informazioni va perseguita per “confinare il rischio esponenziale” di attacchi sempre più gravi che la stessa diffusione della rete e degli accessi può provocare, coinvolgendo le infrastrutture strategiche e la loro gestione.


(*) Mario Dal Co ha partecipato per l’Agenzia per l’Italia Digitale alla Conferenza di Tel Aviv.

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