IL CONVEGNO

Cybersecurity, Ruiz (Vaticano): “Le nuove tecnologie hanno bisogno di etica”

La sicurezza dei dati informatici deve fare il paio con una gestione corretta degli stessi, è emerso in un convegno sul tema. Il capoufficio del Servizio Internet: “I nuovi media hanno responsabilità culturale”. Il presidente di Itway Farina: “La sicurezza non è in contraddizione con l’eticità”

Pubblicato il 10 Giu 2014

Le nuove tecnologie hanno bisogno (anche) di etica. È quanto sta emergendo dal convegno “Etica e sicurezza informatica nell’era digitale”, in corso oggi e domani in Vaticano. Organizzato da Business-e, rappresenta la prima riflessione organica e articolata elaborata dalla Chiesa in tema di cybersecurity in compartecipazione con esperti, aziende e in generale con tutti i player del settore.

Una Chiesa che già si è dimostrata avamposto di innovazione in alcuni campi tecnologici, basti pensare alla canonizzazione dei due Papi trasmessa in 3D e Ultra-Hd o all’imponente opera di digitalizzazione della Biblioteca Vaticana, e che ora si interroga sulla sicurezza dei dati informatici. Un necessità sempre più urgente in un mondo in cui l’utente lascia un’infinità di tracce digitali incontrollabili, la criminalità informatica è in grado di creare danni enormi, i minori possono rischiare l’adescamento online, cresce la minaccia del cyberterrorismo e nascono nuove “povertà digitali”.

“Scienza e tecnica hanno bisogno di etica” ha detto monsignor Lucio Adrian Ruiz, capoufficio del Servizio Internet Vaticano. “Le nuove tecnologie – ha proseguito – non entrano nella nostra vita in modo tangenziale, al contrario assumono un ruolo culturale unico: introducono variazioni nella nozione di spazio, tempo, valore di se stessi e della propria identità. Ci introducono a una realtà poliedrica, diversificata, in continua evoluzione. I nuovi media lasciano la loro impronta nella struttura del nostro pensiero e della comunicazione stessa”.

In questo quadro diventa necessaria una maggiore consapevolezza professionale e culturale della dimensione sociale e soprattutto delle implicazioni etiche delle nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione.

Ma non c’è il rischio che si creai una contraddizione tra l’attenzione a preservare la libertà e la responsabilità individuale, per preservare l’eticità della rete, e l’aspetto tecnico-istituzionale, attento a garantire la sicurezza delle transazioni? “No, anzi c’è complementarietà” ha rinattuto Andrea Farina, presidente del Gruppo Itway che opera a livello internazionale nel settore dell’Information Technology attraverso la progettazione, produzione e distribuzione di soluzioni e tecnologie abilitanti per l’e-business. “Sono sono solo io a pensarla così” prosegue Farina. “Nel febbraio 2013, lanciando la strategia europea per la sicurezza, Catherine Ashton ministro degli esteri del’Unione enunciava gli obiettivi dell’Europa. Tra questi, richiamava alla difesa della libertà nell’uso di internet, ricordando l’importanza che la rete aveva avuto nelle primavere arabe e non solo, ma anche alla lotta alla criminalità in rete, che provoca danni ad un gran numero di cittadini, normali cittadini e non solo grandi imprese e istituzioni. E sottolineava la necessità di fermare la delinquenza contro i minori e le donne. Il Vaticano, in recenti posizioni – osserva Farina – ha espresso un nuovo interesse ai temi della sicurezza, come requisito dei servizi e delle transazioni in rete, per rassicurare quelli che il Santo Padre ha chiamato ‘cittadini dell’ambiente digitale’. Sono obiettivi in cui gli aspetti etici e tecnologico-istituzionali si legano”.

Perché possano legarsi devono però sussistere validi fondamenti giuridici. “Sicurezza significa soprattutto rispetto delle regole” ha affermato Maurizio Mensi, docente dell’Università Luiss Guido Carli, sottolineando che “l’uso dei dati da parte delle autorità statali è in gran parte non regolamentato”. Mensi ha tracciato una panoramica internazionale e nazionale delle varie legislazioni in materia di sicurezza dei dati. Senza troppo insistere sulla situazione statunitense, nota a tutti a causa del Datagate, il docente ha ricordato che anche in altri Paesi quali Sudafrica, Olanda, Germania e Svezia le autorità statali sono abilitate all’intercettazione di conversazioni telefoniche sia all’interno del Paese sia all’estero.

Da qualche anno, però, ha rimarcato Mensi, l’Unione europea si sta impegnando per garantire maggiore sicurezza nella trasmissione dei dati. “Serve infatti – ha detto – una base giuridica solida per operazioni di intercettazione”. Quindi il professore ha accennato alle direttive europee e alla legislazione italiana in materia. Gli argomenti che richiedono una articolata regolamentazione sono molti: privacy, sicurezza, controllo, targeting comportamentale, cloud computing, data breach notification.

Nell’ambito di questo quadro merita un’attenzione particolare la questione relativa a sicurezza dei dati e minori, di cui ha parlato Simonetta Matone, procuratore della Repubblica. “Ci sono fenomeni in crescita – ha osservato – come il grooming: è un metodo di attrazione dei minori su Internet da parte dei pedofili, che creano intorno a bambini e ragazzi un clima di fiducia per poi contattarli offline per soli scopi sessuali. E cresce anche il cyberbullismo. Per contrastare questi trend ci sono state campagne europee e c’è il Codice di autoregolamentazione su Internet e minori elaborato dalla Polizia postale con il ministero delle Comunicazioni e gli Isp”.

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