IL CASO

Cybersecurity, terreno di conflitto di interessi?

Il caso delle e-mail di Hillary Clinton un precedente che fa scuola. Ma forse in Italia no. La rubrica di Piero Laporta

Pubblicato il 19 Feb 2016

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Cyber security, binomio semantico dietro al quale si celano quantità di problemi, in Italia, a cominciare dal conflitto di interessi, almeno a sentire alcuni. Vero o meno, è opportuno richiamare quanto avviene negli USA, a proposito di un’acuta infezione – le mail galeotte di Hillary Clinton – e quali anticorpi il sistema va irradiando. Hillary ha utilizzato un server di sua proprietà per inviare e ricevere e-mail contenenti dati sensibili per la sicurezza nazionale; questo il fatto. Vediamone gli sviluppi in sintesi. Notificatasi la notizia di reato, solo l’FBI è competente a vagliarne la veridicità.

James Comey, direttore del Bureau, insediato da Barak Obama il 4 settembre 2013, rimane in carica per dieci anni. Nel frattempo è inamovibile, a meno di gravi e provate trasgressioni alla legge. Comey, dedicati 150 agenti speciali al caso Clinton, riferirà gli esiti dell’inchiesta a Loretta E. Lynch, Attorney General, insediata un anno fa da Obama, dal quale dipende direttamente. Mrs. Lynch deciderà autocraticamente se Hillary Clinton dovrà andare a giudizio, stroncandone conseguentemente le ambizioni elettorali.

Pare vi sia ruggine fra Obama e Hillary e secondo alcuni Mrs. Linch sarà severa. Si dice pure che se Hillary cade, i Democratici perdono la Casa Bianca. Secondo altri quindi Mrs. Linch sorvolerà. Non è però così semplice. Intendiamoci, i giochi politici contano, resta tuttavia il fatto che il direttore dell’FBI, inamovibile, ha dedicato un esercito di agenti al caso. Se costoro troveranno delle prove, in queste condizioni non c’è gioco sporco e segreto che possa reggere. In Italia chi indagherebbe?

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